Civiltà del Lavoro, n. 1/2021
mia bicicletta con il mio nome, cioè, con il mio cognome, e mi facevano pubblicità. Dal cinque per cinque passai a un capannone. Lavoravo per conto terzi, per la Gloria e la Do- niselli, fino a venti ore al giorno. L’INCONTRO CON FIORENZO MAGNI Ma di strada con- tinuavo a farne anche in bicicletta: non potevo fare a meno di pedalare. L’appuntamento con il gruppo era la mattina al- le otto e mezzo a Osmate: Magni, Piazza, Albani, Baffi…Nella primavera del 1955, mancavano tre o quattro giorni al Giro d’Italia, una mattina ci fermammo ad un abbeveratoio pri- ma di Tartavalle, per bere un sorso, riempire la borraccia e mangiarci anche un panino. Magni si lamentava: «È da ieri che mi fa male una gamba». Chiesi ad Albani, con cui ero più in confidenza, il permesso: «Posso dire a Magni perché gli fa male?». Magni era il Leone delle Fiandre, io ero nes- suno e non volevo fare la figura dell’io-so-tutto, del bauscia, del ganassa. Quando Albani mi autorizzò, mi feci coraggio e dissi: «Signor Fiorenzo, sa perché le fa male?». Lui si mi- se a ridere, e aveva ragione: come poteva un ragazzo saper- ne più di lui, più di loro, professionisti, campioni? Mi feci di nuovo coraggio: «Signor Magni, guardi la pedivella, è storta, non è in asse, la pedalata non è rotonda, e dai e dai e dai, le fa male». Magni mi squadrò. Aggiunsi: «Ci vuole una chia- vella per limare, e io ce l’ho, ma nel mio magazzino». Cam- bio della destinazione: niente più Tartavalle ma Cambiago, con Magni. «Ma questo» disse Magni «è un bugigattolo». Emozionato, limai la chiavella e gliela sistemai. Magni provò a pedalare in uno dei suoi soliti giri […] e il dolore gli passò. Il giorno dopo mi mandò il suo massaggiatore, Isaia Stef- fano, un’autorità nel suo genere: «Ha detto il signor Magni se te la senti di venire al Giro d’Italia». Non ci potevo cre- dere. Ma non ebbi dubbi. LA PRIMA VOLTA NON SI SCORDA MAI Giro d’Italia 1955, il mio primo Giro. Dal 14 maggio al 5 giugno, da Milano a Mi- lano per quattromila chilometri, ventuno tappe e due giorni di riposo, novantotto corridori di quattordici squadre, noi – che bello dire: noi – della Nivea-Fuchs (Nivea, la crema, sponsor, e Fuchs, le bici, fatte da Masi) con Baffi, Baroni, Martini, Massocco, Pedroni e Piazza ad aiutare Magni. E il se- condo giorno, la Torino – Cannes, già Magni in maglia rosa. IL CAMPIONISSIMO Dopo il Giro d’Italia del 1955 venne organizzata una kermesse a Cologno Monzese. Coppi arri- vò in auto, con lui il suo gregario Ettore Milano. Coppi mi chiese di aiutarlo a tirare giù la bici dalla macchina, e già La bicicletta costruita a mano da Ernesto Colnago con cui Eddie Merck, vinse nel 1972 il record dell'ora a Città del Messico “Quella che prima era una corsa ascoltata alla radio e letta sui giornali si trasformava per tre settimane nella vita quotidiana. Quelli che prima erano eroi irraggiungibili – da Coppi a Bartali, da Kübler a Koblet, e ovviamente Magni – diventavano compagni di viaggio, di avventura, di lavoro. Insomma, quello che era un sogno magicamente si poteva guardare, toccare, respirare” Giuseppe Saronni e Ernesto Colnago LIBRI
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