Civiltà del Lavoro, n. 2/2021
39 Civiltà del Lavoro marzo • aprile 2021 Raccolta dati e smistamento pacchi in un centro postale postate nuove regole e norme. La cybersecurity non deve tuttavia essere vista come una tecnologia esterna o addi- tiva rispetto a tecnologie e oggetti già esistenti, ma come qualcosa che sarà incorporata (embedded) fin dal proget- to: i sensori, il cloud, tutto deve essere progettato e costru- ito in maniera sicura “by design”. Attualmente c’è ancora una carenza di regolamentazione. Poiché costa meno fare un apparecchio, ad esempio una telecamera non sicura invece di una più sicura, corriamo il rischio che la moneta cattiva scacci quella buona, come nell’inflazione di secoli fa. Bisogna valorizzare e regolamen- tare la cybersecurity per dare a questo nuovo mondo in- terconnesso fondamenta solide. Riguardo a questa trasformazione che ci sta portando ver- so il mondo “cyberfisico”, l’Italia e l’Unione europea sono in ritardo nei confronti degli Stati Uniti e anche della Cina di una ventina d’anni, dato che il “decennio digitale” di cui si parla spesso, ora guardando al futuro, in buona parte c’è già stato, tra il 2000 e il 2010: smartphone, l’affermazione dei grandi campioni attuali come Google, Apple, Microsoft, Facebook, Amazon, Alibaba. La Cina è partita dopo ma ha investito molto, prima imitando poi investendo sulle uni- versità specializzate. L’alternativa pragmatica che l’Unione europea ha è quella di legarsi ad uno di questi due colossi, piuttosto di cercare di recupere tutto lo svantaggio di parecchi anni con una logi- ca di autarchia digitale. Questa scelta ha anche riflessi geo- politici che devono essere eventualmente valutati, per poi sviluppare alcune proprie specializzazioni, anche per paese. Secondo il Digital Economy and Society Index (DESI) 2020 elaborato dalla Commissione europea, che monitora una serie di parametri per misurare il livello di digitalizzazione dei paesi europei, l’Italia è venticinquesima in Europa, col- locandosi in una posizione migliore solo di Romania, Gre- cia e Bulgaria. L’indice DESI analizza cinque macroaree: con- nettività, competenze digitali, uso di Internet da parte dei singoli, integrazione delle tecnologie digitali da parte del- le imprese e servizi pubblici digitali. I dati mostrano un’Ita- lia in posizione buona (terzo posto assoluto) solo in ter- mini di preparazione in vista del 5G, in quanto sono state assegnate tutte le bande pioniere e sono stati lanciati i pri- mi servizi commerciali. L’Italia è invece ultima in Europa ri- guardo allo sviluppo della dimensione “capitale umano”, di cui fanno parte le competenze di base per l’uso di Internet da parte della popolazione e le competenze più avanzate, come il numero di laureati nelle discipline dell’Ict. Questo ritardo va tra l’altro al cuore di una delle opportunità che l’Italia dovrebbe cercare di sfruttare, quella delle capacità degli individui, che storicamente in molti altri settori han- no fatto la differenza per il nostro Paese. Queste carenze in termini di competenze digitali si rifletto- no nel modesto utilizzo dei servizi online, compresi i servizi pubblici digitali, anche nei contesti dove l’offerta di servizi pubblici digitali (e-government) risulta accettabile. L’Italia ha avuto indubbiamente un elemento di eccellen- za e differenziazione nella manifattura, nei cervelli flessibili (anche perché messi alla prova da un sistema-paese com- plesso) e nella cultura. Su questi aspetti (oltre che ovvia- mente sui servizi, ma senza una visione esclusiva come ha la Gran Bretagna, per la quale i servizi sono il punto di for- za assoluto) si dovrebbe puntare in modo selettivo per una nuova via di digitalizzazione, senza cercare, perché sarebbe velleitario, di raggiungere Stati Uniti e Cina su tutti i setto- ri o aspetti possibili. Tra i progetti fondamentali su cui do- vrebbe focalizzarsi il piano nazionale a supporto della ri- presa economica e sociale ci sono certamente anche, ma non solo, i grandi data center e le reti 5G; non bisogna illu- dersi che sulla pressione di dover spendere somme ingenti L’Europa è in ritardo rispetto a Cina e Stati Uniti ma la scelta dell’autarchia digitale potrebbe non essere conveniente. L’Italia deve recuperare alcuni gap sulla preparazione del capitale umano, ma allo stesso tempo fare leva su alcune specializzazioni consolidate PRIMO PIANO
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