Civiltà del Lavoro, n. 2/2021

53 Civiltà del Lavoro marzo • aprile 2021 FOCUS 2020 rispetto ad altri paesi europei è riconducibile al di- vario di crescita e alle debolezze strutturali italiane preesi- stenti. Inoltre, l’Italia è più esposta a settori quali il turismo particolarmente colpiti dalla pandemia. Per l’Italia la gestio- ne post-pandemica potrebbe essere l’occasione per recu- perare terreno grazie ad un utilizzo finalmente efficace dei fondi europei che saranno erogati a fronte del piano di in- vestimenti concordato. Vedo con favore il meccanismo che subordina gli esborsi dei fondi al raggiungimento degli obiettivi intermedi fissati. Ci obbligherà a spendere con di- sciplina e attenzione al risultato. Inoltre, il governo Draghi per la sua natura di unità nazio- nale e grazie alla leadership indiscussa del primo ministro, credo sarà in grado di attivare riforme tanto attese e non più rinviabili oltre che avviare il processo di innovazione e rinnovamento del Paese. Va evidenziato che la capacità di risparmio non è stata uguale per tutti. Quali rischi intravede in un simile av- vitamento e cosa bisognerebbe fare per spezzare que- sto circolo vizioso? Certamente le diseguaglianze sociali sono aumentate e si amplieranno ulteriormente visto che abbiamo perso un milione di posti di lavoro. Oltre alle categorie da lei citate non possiamo dimenticare le donne, il cui tasso di occupa- zione era già molto più basso rispetto alla media europea. Va ricordato che nel nostro Paese le diseguaglianze sono molto accentuate. Prima del Covid il Top 10% della popo- lazione deteneva sei volte la ricchezza della metà più po- vera. Nel 2020 dopo il primo lockdown metà delle famiglie dichiarava di aver subìto una contrazione e il 15% di aver visto dimezzato il proprio reddito. Oggi il 30% dichiara di non aver risorse sufficienti per far fronte ai bisogni essen- ziali. I rischi sono di natura sociale ma anche economica. È un dato di fatto che le società meno inclusive sono quelle a crescita economica più lenta. Non ci sono ricette di breve periodo per risolvere il problema. La soluzione con più im- patto è di favorire la creazione di posti di lavoro e la cresci- ta dei salari. È ovvio che non può dipendere solo dalle im- prese. Occorrono investimenti pubblici, un supporto dello Stato in settori strategici, una riforma fiscale che consen- ta di ridurre il costo del lavoro, incentivi sugli investimenti privati, una forte semplificazione normativa e amministra- tiva e infine certezza e riduzione dei costi della giustizia. Dobbiamo in sostanza creare le condizioni, dopo quasi tre decenni, perché si torni a generare ricchezza. Sarà poi com- pito dello Stato vigilare che ci sia una distribuzione equa della medesima. A livello generale, le variabili ESG stanno assumendo sempre maggior peso nella valutazione delle imprese da parte degli operatori del mercato finanziario. Con la pandemia questo percorso è stato accelerato? Io ritengo che la pandemia sia una sorta di disastro natu- rale al rallentatore. Ci ha mostrato l’enorme impatto sul- le nostre vite dei cambiamenti ambientali e l’importanza di dotarci rapidamente di politiche di sviluppo sostenibili. Le imprese che si sono mosse in anticipo implementando al loro interno criteri ESG hanno reagito meglio alla crisi e sono state maggiormente apprezzate dai loro stakeholder sia interni che esterni. Se osserviamo, ad esempio, i corsi di borsa le aziende ESG compliant hanno performato decisamente meglio. Allo stesso tempo il mercato obbligazionario riconosce tas- si migliori e un accesso privilegiato ad una platea sempre più vasta di investitori per le imprese che mettono al cen- tro la sostenibilità. Stesso discorso vale per la valutazione del rischio di impresa da parte delle banche. Le imprese non virtuose sotto il pro- filo sociale e ambientale avranno una sempre maggiore diffi- coltà ad accedere al credito in quanto ritenute più rischiose. Da parte dei regolatori l’attenzione è crescente. La presidente della Bce Christine Lagarde ha ripetutamen- te confermato che il cambiamento climatico è una priori- tà per la Banca centrale europea che si riflette nella politi- ca monetaria e nella supervisione delle banche. Credo che gli imprenditori italiani debbano evitare l’errore commesso qualche anno fa, quando hanno sottovalutato l’introduzione dei nuovi criteri patrimoniali nelle banche e non ne hanno compreso per tempo l’impatto restrittivo sul credito. L’applicazione o meno dei criteri ESG potrebbe es- sere anche più impattante, perché oltre al credito impedirà l’accesso anche ad altre forme di finanziamento alternativo, siano essi equity o capital market. Non c’è in sostanza tempo da perdere e occorre investire sempre di più nella sostenibilità. FEDERICO GHIZZONI è stato nominato Cavaliere del Lavoro nel 2014. Inizia la sua carriera nel 1980 presso la filiale di Piacenza del Credito Italiano e ricopre in seguito ruoli con sempre crescenti responsabilità all’interno del Gruppo, in Italia e all’estero fino a diventare amministratore delegato di Unicredit Bank SpA. Da luglio 2017 è presidente di Rothhschild & Co Italia SpA, banca d’affari internazionale

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