Civiltà del Lavoro, n. 3/2021
111 Civiltà del Lavoro giugno • luglio 2021 del suo Stato e ricorrendo a motivi ideologici e filosofici si asserragliò dentro le mura leonine e con lui tutti i Pa- pi successivi. Questione romana che ancora oggi ci af- fanna. Ma al Plebiscito votarono per il sì anche ventimila cittadini romani che, come disse una fervente garibaldi- na inglese, Jessica White, che ha fatto di quegli anni una bella cronaca, campavano di preti e di burocrazia stata- le e sapevano che votando per il “sì” avrebbero perso il pilastro del loro sostentamento. Quindi alla massa di 8 mila burocrati piemontesi in arrivo, se ne aggiunse un’al- tra di 20 mila disoccupati romani pontifici. Scientificamente i piemontesi deliberarono pertanto che, per ingraziarsi la Capitale, dovevano in qualche modo fi- delizzare questa massa e affidarono pertanto al ministro Stefano Costagliola, un ex mazziniano rivoluzionario pas- sato alla destra storica, il compito di risolvere il proble- ma. Il ministro chiamò a raccolta i capi di gabinetto dei ministeri che si stavano insediando proprio in quei giorni, chiedendo una campagna di assunzioni in soprannumero negli organici. I dirigenti sabaudi, scandalizzati, protesta- rono sentendo che l’arrivo di tanta gente in più sarebbe stato un danno. Ma Costagliola fu irremovibile: l’effet- to pratico fu devastante e diede il via alla questione bu- rocratica romana che ci portiamo tutt’oggi appresso e che fu colpa non dei romani ma, se mai, dei piemontesi. Chiare e nefaste le conseguenze: il virus dell’indolenza fu iniettato con l’assunzione di gente stipendiata per finge- re di lavorare. Per evitare il rigetto dello Stato piemon- tese si seminava a piene mani la gramigna dell’assisten- zialismo clientelare. Una grande furbata politica ma con effetti pratici devastanti e che dura tuttora. L’altro grave problema è scaturito dal trasferimento dei Ministeri e di tutti gli altri uffici che arrivarono da Tori- no e da Firenze, ed è costituito dall’aumento della po- polazione e quindi dall’espansione edilizia. Altra piaga di Roma che per 150 anni ha fatto parlare, scrivere, di- scutere e litigare. Ma quale è il destino di Roma? Quintino Sella, divenuto presidente del Consiglio, disse che la vocazione della città doveva essere un’altra. Farne cioè una città della scien- za e della cultura, perché secondo quanto affermò in un famoso discorso, la Capitale non può essere industria- lizzata perché una soverchia agglomerazione di operai turberebbe la quiete dei lavori parlamentari. Quindi disse, niente industria ma cultura e scienza. Ma intanto si iniziò a trasferire tutti i Ministeri a Roma, che diventò confessionale e laica. E allora i conventi diven- tarono Ministeri: a Santa Maria sopra Minerva il ministe- ro della Pubblica Istruzione, al Collegio di San Silvestro il Ministero degli Interni, a Santi Apostoli quello della guerra, a Palazzo Madama il Senato. Rimaneva il problema della Camera dei Deputati: qual- cuno propose di mettere un tetto al Colosseo e fare gli scanni lungo le gradinate dell’Anfiteatro romano. Ma per Roma deve essere capita, ma per capirla bisogna vederla, bisogna accostarsi ai suoi monumenti, alle sue statue, ai suoi vicoli, alle sue piazze, e ai suoi problemi Pubblichiamo uno stralcio del discorso tenuto il 25 marzo 1861 dal presidente del Consiglio Camillo Benso di Cavour alla Camera dei Deputati La questione della capitale non si scioglie, o signori, per ragioni né di clima, né di topografia, neanche per ragioni strategiche; se queste ragioni avessero dovuto influire sulla scelta della capitale, certamente Londra non sarebbe ca- pitale della Gran Bretagna, e forse nemmanco Parigi lo sarebbe della Francia. INELUTTABILITÀ DI ROMA CAPITALE Le parole di Cavour La scelta della capitale è determinata da grandi ragioni morali. È il sentimento dei popoli quello che decide le questioni ad essa relative. Ora, o signori, in Roma con- corrono tutte le circostanze storiche, intellettuali, morali, che devono determinare le condizioni della capitale di un grande Stato. Roma è la sola città d’Italia che non abbia memorie esclusivamente municipali; tutta la storia di Roma dal tempo dei Cesari al giorno d’oggi è la storia di una cit- tà la cui importanza si estende infinitamente al di là VITA ASSOCIATIVA
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