Civiltà del Lavoro, n. 2/2022
15 Civiltà del Lavoro marzo • aprile • maggio 2022 Andrea Orlando DEMOCRAZIA ECONOMICA e modello di impresa Andrea Orlando, ministro del Lavoro e delle Politiche sociali PRIMO MAGGIO opo due anni di pandemia torniamo a festeggiare il Primo Maggio, la festa dei lavoratori, in una condizione di qua- si normalità (anche se non dobbiamo abbassare la guardia) e in uno scena- rio geopolitico preoccupante con una guerra nel cuore dell’Europa, che scuote, nel profondo, le nostre coscienze. Il Primo Maggio è il simbolo, con valore mondiale, di una storia che ha visto l’affermazione della dignità del lavo- ro, come base del progresso e del benessere delle per- sone. Quella dignità richiamata proprio dal Presidente Mattarella nel discorso di insediamento. Nell’Ottocento, quando questa storia comincia, gli orari e le condizio- ni di lavoro erano letteralmente massacranti. Progres- sivamente, e a partire dai paesi più avanzati, si è ridotta la giornata lavorativa, si è proibito il lavoro dei bambi- ni e lo sfruttamento dei minori, sono stati alzati i salari, oltre la soglia della mera sussistenza, si sono introdotte le prime ferie e forme di protezione sociale. Non fu un processo scontato, né indolore. Fu il risultato di lotte, spesso molto dure. E non è nemmeno un processo con- cluso: il caporalato, un tema di cui mi sono molto occu- pato in questi anni, è una forma marginalizzata ma an- cora esistente. E negli ultimi anni è tornato a crescere in Italia il numero di lavoratori poveri. STOP ALLA SVALUTAZIONE DEL LAVORO La Repubblica italiana che, sin dall’Articolo 1 della nostra Costituzione, si dichiara «democratica» e «fondata sul lavoro» vede in questa data, che non a caso il fascismo aveva abolito, una delle ricorrenze civili più radicate ed unitarie della nostra comunità nazionale. Infatti tutta la nostra Carta è punteggiata di richiami al lavoro, alla sua dignità, sicurezza, stabilità, alla giusta retribuzione, al- la parità di retribuzione fra uomini e donne. Ed è, for- se, proprio il divario fra le previsioni costituzionali e il progressivo depauperamento del valore del lavoro, ad avere creato profonde e pericolose ferite sociali che in- cidono, anche, sul tessuto della vita civile, sulla qualità della nostra democrazia. Negli ultimi 30 anni abbiamo assistito ad una svalutazio- ne del lavoro. Che arriva ad un indegno svilimento quan- do una lavoratrice di una grande multinazionale non può andare in bagno o si viene licenziati via whatsapp. Dob- biamo invertire questa rotta e rimettere al centro la di- gnità del lavoro. Perché la promessa rivolta alle nuove generazioni è stata quella che il lavoro precario sarebbe stato solo l’anticamera di un lavoro stabile. Invece per molti solo la precarietà è stata stabile. Per questo biso- gna essere in grado di costruire regole nuove sapendo che la precarietà è ancora più drammatica quando si ac- compagna a retribuzioni basse. Per questo è importan- te lavorare ad adeguare i salari e aprire un confronto su nuove norme che contrastino il precariato e che investa- no sulla formazione. Accompagnando lavoratrici e lavo- ratori nella transizione tecnologica ed ecologica dell’e- conomia; non lasciando nessuno indietro. D
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