Civiltà del Lavoro, n. 2/2022

31 FOCUS Civiltà del Lavoro marzo • aprile • maggio 2022 ANTONIO D’AMATO è stato nominato Cavaliere del Lavoro nel 2005. È presidente del Gruppo Seda, azienda di famiglia fondata nel 1964, leader mondiale nel settore del packaging per alimenti. Oggi il gruppo Seda conta 13 stabilimenti e produce in Italia, Germania, UK, Portogallo e Stati Uniti. Ha oltre 3.500 dipendenti e tra i suoi clienti annovera i più grandi marchi dell’industria alimentare del mondo. Il 50% del fatturato è prodotto in Italia e, di questo, il 70% è esportato all’estero. È presidente della Fondazione Mezzogiorno si quindi come l’area a maggiore potenziale di crescita. In Europa solo l’Italia e la Grecia si attestano al 60% del tasso di occupazione laddove tutti gli altri Paesi europei, inclusi quelli dell’Est, superano il 70%. È solo tenendo ferma questa cornice che possiamo interpretare il qua- dro economico, sociale e politico che abbiamo di fron- te e agire di conseguenza. A proposito di azione, qual è il suo giudizio sull’attua- zione del Piano? Bisogna riconoscere al Governo che la gestione del Pnrr cade in un momento particolarmente complesso, sia per ragioni di turbolenze della scena politica italiana, ormai in piena fase elettorale, sia per l’aggravarsi del quadro in- ternazionale, reso ancor più difficile dalla crisi in Ucraina. Ciò detto, non possiamo non essere all’altezza delle am- bizioni e della necessità di un Paese che deve tornare a crescere a ritmi significativi. Per segnare un cambio di passo nell’attuazione del Pnrr le cose da fare sono tan- te, tuttavia ne individuo tre come prioritarie. Quali? Le risorse del Pnrr sono risorse a debito e vanno resti- tuite ed è per questo che vanno investite con l’obiettivo di realizzare una sostanziale crescita del Pil e del gettito fiscale. Per raggiungere questo obiettivo occorre innan- zitutto garantire l’addizionalità degli investimenti priva- ti in una logica di partenariato: nella generale ridefini- zione delle filiere globali occorre ricollocare l’Italia e il Mezzogiorno al centro dell’attrazione degli investimen- ti esteri diretti, occorre cioè favorire l’insediamento di fabbriche e centri di ricerca e smetterla di assistere al mero acquisto dei nostri marchi. Gli altri due punti? Occorre superare l’impostazione a “silos” dei vari pro- getti del Pnrr, ora inchiodati su una spinta verticalizza- zione degli interventi, per favorire quanto più possibile l’effetto sinergico, soprattutto su quei territori mag- giormente suscettibili di un maggiore tasso di crescita. Da ultimo occorre concentrare tutti gli sforzi e l’impe- gno dell’intero sistema Italia sull’obiettivo di realizzare la crescita del Pil e del tasso di occupazione della popo- lazione attiva di almeno il 15% entro i prossimi 5 anni. È per questo che occorre una fortissima capacità di co- ordinamento e di regia presso Palazzo Chigi, proprio per superare le lentezze e le debolezze della pubblica ammini- strazione e degli enti locali, ed è per questo che è urgente realizzare quelle riforme che sono indispensabili per ren- dere competitiva e attrattiva di investimenti la nostra Italia. I Governatori del Sud si sono di recente lamentati, sot- tolineando l’errore di tenere fuori le Regioni dall’at- tuazione del Pnrr. Cosa ne pensa? Abbiamo alle nostre spalle l’esperienza dei Fondi strut- turali e dei Fondi di coesione, risorse che soprattutto le Regioni del Sud hanno dimostrato di non saper spende- re. Tale incapacità di progettazione e di esecuzione non solo è un danno per la nostra economia, è anche moral- mente intollerabile. Non è possibile vedere che le Regioni che più hanno ne- cessità di investire per la crescita non sappiano utiliz- zare i fondi a loro disposizione. Nella gestione del Pnrr non si tratta quindi di assistere chi dimostra di non sa- per spendere e investire, si tratta piuttosto di concen- trare le risorse centralizzandone programmazione, pro- gettazione, controllo e attuazione. L’anno scorso la Fondazione Mezzogiorno ha presenta- to al Governo il Progetto “G.r.e.e.n – Great Resilience Enviromental East Naples”. Di cosa si tratta? Un unico progetto di sistema in grado di coniugare svi- luppo economico, rigenerazione urbana e benessere so- ciale nell’intero territorio che si estende dall’area orien- tale di Napoli fino alle porte della Costiera Sorrentina. Composto da 115 interventi e azioni, il progetto prevede investimenti per un ammontare di 8,3 miliardi di euro, di cui 1,3 da investimenti privati, 2 già finanziati su fon- di Pon e Por e circa 5 finanziati a valere su tutte e sei le canne d’organo del Pnrr. Secondo stime Svimez, in 4 anni il Pil campano potrà re- gistrare oltre 11 punti in più di Pil e un’occupazione a re- gime di 150 mila occupati, al netto dell’occupazione delle ore uomo cantiere. Mi pare un buon esempio di quello che si intende quando si parla di collaborazione pubbli- co-privato e di sussidiarietà orizzontale.

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