Civiltà del Lavoro, n. 2/2022

53 FOCUS Civiltà del Lavoro marzo • aprile • maggio 2022 Uno dei grandi temi è l’uso dell’informatica, non solo dal punto di vista delle procedure, tipo processo ci- vile digitale, ma anche come ausilio alla decisione dei giudici con sistemi esperti fino all’ intelligenza artifi- ciale, che potrebbero ridurre i tempi e favorire una maggiore omogeneità e prevedibilità delle decisioni. A che punto siamo su questa strada? Quando intervengo sul tema della digitalizzazione, mi piace ricordare come siamo dinnanzi ad una inedita e foriera di molto potenziale migliorativo forma di incon- tro e dialogo fra intelligenze “nella” giurisdizione e “sul- la” giurisdizione. La trasformazione digitale è un fenomeno socio-tecno- giuridico. I tre aspetti vanno considerati insieme e nelle forme di interazione. Ancora una volta preme ricordare come, prendendo molto sul serio questa natura intrin- seca del fenomeno della trasformazione digitale nel si- stema della giustizia, le azioni oggi previste dal ministe- ro della Giustizia in materia di ricerca applicata per la qualità della governance del sistema intendano partire proprio dal dialogo di competenze in materia giuridica, saperi di carattere tecnologico e matematico, metodo- logie di carattere sociologico e organizzativo. Nel corso degli ultimi cinque anni il settore del diritto e della giustizia è stato attraversato da un fenomeno par- ticolarmente diffuso e di portata ancora largamente ine- splorata derivato dalla combinazione di due fattori: da un lato, la disponibilità, spesso in open access, di dati di carattere statistico sociale, economico, commerciale e di documenti di tipo giuridico e giudiziario in formato digitale; dall’altro lato, la fruibilità di tecniche di mate- matica applicata e di scienza dell’informazione, unite al- lo sviluppo di macchine dal potenziale di calcolo in cre- scita esponenziale. Una narrativa che tende a semplificare molto questo pro- cesso di trasformazione dei servizi giuridici e del mondo della giustizia parla di intelligenza artificiale applicata al- la giurisdizione, di giustizia algoritmica, di giustizia digi- tale, o, utilizzando un termine molto utilizzato nel mon- do anglosassone, di “legaltech”. D’altra parte, il 2020 e il prosieguo della attuazione delle misure di contrasto alla pandemia hanno fatto emerge- re con forza il potenziale delle tecnologie di remotizza- zione e dematerializzazione, non solo nell’ambito della gestione del documentale, ma anche nella gestione del- le interazioni che sono fondate sulla oralità dell’udienza. Se questi concetti sono portatori di un significato per certi versi effettivamente corrispondente allo stato delle cose – esiste infatti una ampia gamma di servizi digitali applicati al mondo del diritto e alla professionalità foren- se, cosi come alle funzioni svolte dal notariato – è anche vero che limitarsi ad una interpretazione della tecnolo- gia digitale come di uno strumento che si applica a pras- si, moduli di lavoro, forme di interazione fra cittadino e servizi giuridici, o fra cittadino e istituzioni della giusti- zia, limita fortemente il grado di comprensione non solo della portata trasformativa del fenomeno in questione, ma anche la possibilità di avvalersi di categorie nuove e più pregnanti per assicurare che tecnologia e giusto processo, digitale e equità sociale possano non soltan- to coesistere, ma, anzi, essere mutualmente rafforzate. Per fare sì che questo accada e che, quindi, le evoluzio- ni tecnologiche e matematiche siano declinate all’inter- no di uno spettro di opzioni e di forme regolative che rispondono non solo al principio del giusto processo, ma anche ad una efficace governance dei rischi e delle potenzialità di sviluppo, occorre che gli attori della giu- risdizione siano i primi a divenire protagonisti nel trat- teggiare modelli di governance che siano fondati su tre passaggi ineludibili: a) l’elaborazione di tutti i dispositi- vi tecnologici applicati alla giurisdizione deve avvenire in modo partecipato fin dalla prima fase, quella della pro- gettazione; b) occorre che, nel rispetto delle professio- nalità – senza chiedere l’insostenibile acquisizione da parte delle professionalità forensi di competenze tecni- co-scientifiche che sono fuori perimetro e che soprat- tutto non sono parte dei percorsi di riconoscimento di competenze ordinistiche chiaramente definite dalla nor- mativa –, il dialogo costruttivo fra professionisti che ap- portano alla giurisdizione saperi diversi sia reso possibile; c) i futuri professionisti del diritto siano formati a condi- videre una grammatica e una cultura della governance dell’informatica applicata alla giurisdizione. Questo modo di osservare la trasformazione digitale ha valore di innovatività nel metodo e nel merito. Nel metodo poiché coniuga, puntualmente, il rigore scientifico con l’attenzione per la rispondenza ai biso- gni delle istituzioni. Nel merito perché anticipa e accompagna quella che sa- rà l’attuazione della regolazione europea, nella quale si prevede che vi siano forme di audit partecipato combi- nate ad un monitoraggio dell’uso di questi dispositivi, ol- tre ad una forma di controllo ex ante nel momento della loro progettazione. Sul terzo aspetto e sulla formazione degli attori della giurisdizione di “domani” le università italiane si stan- no impegnando. Ci aspettiamo che il prossimo futuro ci proietti in un nuovo paradigma. (P.M.)

RkJQdWJsaXNoZXIy NDY5NjA=