Civiltà del Lavoro, n. 4-5/2022
81 Civiltà del Lavoro settembre • ottobre 2022 Leonardo del Vecchio L’AVVENTURA DI UNA VITA LIBRI è ancora molto da fare, spazi sconfinati soprattutto in Asia”. C’è la tensione ver- so il futuro, la concentrazione sulle cose da realizzare, lo sguardo sempre ag- ganciato a scenari da inaugurare. In queste poche parole registrate in uno dei numerosi dialoghi che Tommaso Ebhardt ha tenuto con il Cavaliere del Lavoro Leonardo Del Vecchio per la realizzazione della sua biografia, c’è forse l’essen- za del grande imprenditore e, prima ancora, del grande uomo che è stato il fondatore di Luxottica. A capo di un’azienda che è arrivata a produrre oltre 100 milioni di occhiali all’anno, 275mila al gior- no, sabati e domeniche incluse, arrivata ad avere un’influenza determinante sull’industria ottica a livello mondiale, Leonardo Del Vecchio ha ancora fame. Ha interesse per la strada che si dovrà per- correre e non per quella percorsa. Il libro, “Leonardo Del Vecchio”, edito da Sperling & Kupfer, esce poche settimane prima della scom- parsa del Cavaliere del Lavoro, avvenuta lo scorso 27 giugno, e in qualche modo ne rappresenta un involontario testamento. “La dedizione a essere il migliore, l’alunno più bravo: le premesse c’erano tutte”, scrive Ebhardt. “Proprio l’indipendenza acquisita durante il periodo dell’orfanotrofio – sot- tolinea il direttore della redazione di Bloomberg News di Milano nonché autore di un’altra biogra- fia dedicata a un altro Cavaliere del Lavoro di grande ispirazione come Sergio Marchionne – gli per- mette subito di mettersi a lavoro come garzone da Johnson, una fabbrica produttrice di medaglie e coppe. Grazie alla bravura dimostrata sul posto sarà iscritto ai corsi serali all’Accademia di Brera per studiare design e incisione”. Da Milano ad Agordo e ritorno, passando per l’acquisizione di Ray-Ban, la quotazione a Wall Street, le fabbriche in Cina e in Brasile, il volume assomiglia più a una inchiesta sulle vicende, anche ester- ne, che hanno fatto da scenario alla storia di Del Vecchio, che non a una classica biografia. Il che torna utile perché aiuta a inquadrare la figura di un uomo che incarna come meglio non si potreb- be l’icona del self-made man. Nato dopo la morte del padre, mancato men- tre lui era nel grembo della madre, Leonardo cresce in un contesto segnato dalla povertà e dalla guerra. La sua è un'infanzia difficile, passata ai Marti- nitt, storico orfanotrofio di Milano. Ma in quell’istituto, assieme a tanti altri ragazzi cui la vita aveva offerto poche opportunità, Del Vecchio impara so- prattutto una cosa: l'importanza delle regole. Su quel primo, fondamentale precetto, scrive più volte Ebhardt, Del Vecchio riuscirà a edificare una para- bola imprenditoriale senza eguali. L’indipendenza imprenditoriale trovata alla fine degli anni Settanta fa seguire una serie di scelte vincenti, come il dedicarsi unicamente alla realizzazione e alla commercializzazione degli occhiali finiti, fino al grande salto di Wall Street. Era il 24 gennaio del 1990. “Non è dato sapere quali fossero le emozioni del patron quella mattina. Lui non racconta, tiene tutto dentro. Chissà se si pren- de un momento per guardarsi indietro e assaporare il gusto del successo, se ripensa ai morsi della fame nelle camerate del Martinitt, alla solitudine del- le case minime o se, invece, evita di guardare troppo al passato, lo sguardo sempre rivolto al futuro, un passo oltre, one step beyond”. “C’
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