107 Civiltà del Lavoro | novembre • dicembre 2023 È considerata un’imprenditrice “fuori dagli schemi”, particolarmente apprezzata per i suoi atteggiamenti diretti, il suo dinamismo, i modi anticonvenzionali e anche per il suo abbigliamento casual. Si ritrova in questa definizione? Questa declinazione “fuori dagli schemi” non mi dispiace anche se, ad esempio, penso che essere orientati da atteggiamenti diretti sia un modo normale ed efficace di confrontarsi in tutti i campi (si parli di ambiti personali o professionali). Anche per quanto riguarda il riferimento al dinamismo sono in ottima compagnia, circondata da imprenditrici e imprenditori dinamici, quindi non penso sia una mia caratteristica peculiare. Per quanto riguarda i modi “anticonvenzionali”, ad esempio se parliamo di aspetti esteriori come il vestire, credo che ci sia uno stretto legame con la filosofia del “benessere” che cerchiamo di realizzare nel nostro gruppo. Stando su questo esempio credo che, rispettando le grandi regole dell’educazione e del rispetto, le persone debbano “stare bene” con sé stesse anche nel modo in cui si vestono. Dove mi riconosco qualche elemento di innovazione nel ruolo e nei processi aziendali del gruppo Copan, è nel rapporto con i collaboratori e gli altri portatori di interessi. Anche in questo caso, però, penso che non sia da riferire solo a me, ma a quello che noi chiamiamo il DNA di Copan che, naturalmente, è anche il mio DNA. Ovviamente adeguando il DNA ai tempi penso che la nostra storia sia un bell’esempio di “innovazione” imprenditoriale nel quale mi ritrovo. Consiglierebbe ai giovani di intraprendere il suo lavoro? Quali soddisfazioni e sacrifici debbono aspettarsi? Ai giovani consiglio sempre di incamminarsi su percorsi professionali che permettano loro di avere soddisfazioni personali (prima che economiche che, naturalmente, non vanno trascurate) a prescindere dal ruolo che potranno andare a ricoprire. Venendo al “lavoro” di imprenditrice non posso che confermare di trovarmi nelle condizioni che sopra ho richiamato in generale per i giovani. Naturalmente come tutti i lavori richiede sacrificio e chiare definizioni di priorità. Vuole dire farsi carico di responsabilità importanti che vanno vissute avendo chiare anche le ricadute positive che il nostro lavoro può generare su vari fronti. Da lì nascono le soddisfazioni che sono diverse e su ambiti diversi. Le soddisfazioni sono importanti e alimentano la capacità e la volontà di fare fronte alle fatiche e alle responsabilità. Cosa ha rappresentato per lei la nomina a Cavaliere del Lavoro? Come ho detto, appena ricevuta la comunicazione di questa importante nomina ho pensato che questo riconoscimento prioritariamente fosse da associare all’impegno profuso e ai risultati ottenuti dal gruppo Copan, intendendo le persone tutte che ne fanno parte, durante il periodo pandemico. È, a mio avviso, importante riconoscere quanto tutti abbiamo fatto in quella difficilissima fase (anche, ma non solo, per le condizioni difficili in cui prima di tutto vivevamo a Brescia) nella consapevolezza di avere un ruolo importante per affrontare, contenere e ridimensionare gli effetti generati da Covid. Ovviamente sul fronte personale rappresenta un riconoscimento del quale vado profondamente orgogliosa per il significato sociale ed economico che “essere Cavalieri del Lavoro” significa. Orgoglio che ogni giorno mi orienta a pormi domande su come essere all’altezza di questo riconoscimento e che mi spinge a continuare a seguire la strada tracciata da chi mi ha preceduta alla guida del gruppo continuando a valorizzarne i principi e i valori del nostro DNA. Il Gruppo è leader mondiale per la produzione di tamponi per la batteriologia e sistemi di prelievo
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