125 Civiltà del Lavoro | novembre • dicembre 2023 FONDAZIONI Il primato della ragione umana, centrale nella lezione illuminista, rischia di essere travolto dal diffondersi della tecnologia e dell’intelligenza artificiale? Quanto si è già detto oggi è messo in discussione da uno strano fenomeno. Grazie proprio alla enorme diffusione di tecnologie informatiche e digitali, si è verificata una straordinaria facilità di acquisizione di conoscenza, ma come tutte le cose troppo facili da ottenere si è subito determinata una situazione di banalizzazione fortemente negativa che ha penalizzato la nascita di nuove, libere idee. Il modo di ragionare informatico digitale si basa su di in sistema binario di ragionamento (si/no, acceso/spento, 0/1, e via dicendo) che ripropone un “neo-taylorismo intellettuale”. Il taylorismo aveva suddiviso gli individui in esseri in grado di pensare e programmare e poi soggetti destinati esclusivamente all’esecuzione dell’«One best way». Come se si fosse in presenza di un Mr. Hide e un Dott. Jekil o, se si vuole, immaginando soggetti divisi a metà come il visconte dimezzato di calviniana memoria. L’enorme successo dei nuovi apparati digitali, protagonisti del consumismo di massa, ha radicalmente cambiato il rapporto macchina-utente. Si è modificato il processo di delega tecnologica tipica del rapporto operatore-computer, sia perché la loro enorme diffusione ha reso gli smartphone strumenti indispensabili per la vita odierna, con un uso costante che impegna tutta la popolazione dai giovanissimi fino alle persone più anziane, assumendo una vera e propria funzione di «protesi» per l’essere umano che ormai vive di fatto in una simbiosi indissolubile con la tecnologia digitale. Peraltro, va considerato che ogni macchina digitale non è uno strumento che l’essere umano può plasmare a sua misura. La macchina digitale funziona in base a un sistema di regole che l’interessato ignora, e che è costretto ad accettare. Tutto ciò sta provocando pericolosi effetti su alcune fondamentali facoltà degli individui, quali l’indebolimento della memoria e della immaginazione, delle stesse capacità di analisi critica ormai demandate a questa sorta di protesi digitale, con relativo avvilimento anche di alcuni valori essenziali di etica sociale. Ma così l’essere umano ha di fatto perso parte della sua libera autonomia perché, se privato della protesi smartphone, si troverebbe in gravi imbarazzi decisionali per i suoi stessi comportamenti esistenziali, finendo per essere tayloristicamente assoggettato agli algoritmi tecnologi immessi nell’hardware delle macchine da soggetti pensanti e per di più sconosciuti. Francesco Varanini ha scritto Le cinque leggi bronzee dell’era digitale e perché conviene trasgredirle (Guerini, Milano 2020), un importante saggio critico proprio su questi argomenti. Quali sono i limiti alla trasformazione della conoscenza in coscienza? Le moderne tecnologie, comprese quelle legate a internet, consentono con immediatezza di dare risposte a qualsiasi interrogativo conoscitivo. Tutto ciò aumenta in forma pressoché illimitata le possibilità di conoscere, ma si tratta di una conoscenza, come ho già detto, banalizzata che scorre via senza lasciare alcuna traccia, così che non si trasforma quasi mai in «coscienza» in grado di formare adeguatamente la personalità dell’individuo. In realtà stiamo generando una nuova categoria di soggetti aperti alla conoscenza, ma senza coscienza, esseri simbiotici legati in forma ormai irreversibile agli Grazie proprio alla enorme diffusione di tecnologie informatiche e digitali, si è verificata una straordinaria facilità di acquisizione di conoscenza Copertina di "Verso un mondo nuovo. Per un'autobiografia intellettuale" (Progedit, 2023)
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