15 Civiltà del Lavoro | novembre • dicembre 2023 PRIMO PIANO negoziati finali a Bruxelles, è stato approvato il 9 dicembre il primo pacchetto di regole europee sull’utilizzo dell’IA allo scopo di porre fine al “far west dell’algoritmo” o, detta in termini, allo scopo di far coesistere sicurezza e libertà sulla frontiera più avanzata dell’hi-tech. Si tratta del primo quadro normativo sui sistemi di IA nel mondo, salutato da Thierry Breton, commissario europeo al Mercato Interno, come un accordo “storico”. Fra le novità più significative ci sono le salvaguardie da rispettare per chiunque sviluppa e usa l’Intelligenza artificiale; il ricorso all’identificazione biometrica dei singoli da parte delle forze di sicurezza limitato alle indagini su crimini gravi, dalle violenze sessuali al terrorismo; l’obbligo per chiunque crei false immagini di indicare chiaramente che non sono reali; multe significative, fino al 7% delle entrate globali per le aziende, nei confronti di chi viola i nuovi regolamenti europei. Per diventare legge dell’Ue, il testo concordato dovrà ora essere formalmente adottato da Parlamento e Consiglio europei. Le commissioni del Parlamento per il Mercato interno e le Libertà civili voteranno sull’accordo in una prossima riunione. Il testo finale andrà ancora limato nelle prossime settimane, ma l’intesa assicura che sarà approvato entro la fine della legislatura europea, per poi entrare progressivamente in vigore nei successivi due anni. IL “COSTO” DELLE REGOLE Non tutti sono entusiasti del nuovo regolamento. Le industrie europee di trasformazione digitale si sono interrogate sui costi delle nuove regole. Le misure potrebbero per esempio trasformarsi in barriere per giovani aziende decise ai investire nell’intelligenza artificiale in Europa, svantaggiate dagli oneri europei rispetto ai grandi player internazionali. Secondo uno studio della Commissione europea sulla valutazione d’impatto dell’IA Act, una piccola e media impresa di 50 persone dovrebbe spendere circa 300.000 euro per adeguarsi alle norme. Non poco, soprattutto se si considera che l’Europa fatica a tenere il passo con Usa e Cina sul fronte della capacità di spesa sull’innovazione. Non è un segreto, inoltre, che l’Europa nella corsa agli investimenti in ricerca e innovazione presenta qualche affanno rispetto ai suoi principali competitor. Secondo il rapporto 2022 del Global Innovation Index gli Stati Uniti spendono più di 700 miliardi di dollari all’anno per la R&S e tra le aziende che spendono di più in R&S al mondo quattro su cinque sono americane: Amazon (42,7 miliardi di dollari), Alphabet (27,6 miliardi di dollari), Microsoft (19,3 miliardi di dollari) e Apple (18,8 miliardi di dollari). La Cina, secondo un rapporto del Ministero della Giusizia e della tecnologia, raggiungerà investimenti pari a 26,7 miliardi di dollari entro il 2026. Si stima che questo investimento rappresenti circa l’8,9% dell’investimento globale nell’IA, posizionando la Cina come la seconda destinazione mondiale per gli investimenti nel settore. L’Italia? L’Italia resiste con poco. Mentre la spesa tedesca in ricerca e sviluppo si aggira attorno al 3,17% del Pil, le risorse che l’Italia investe in questo settore non superano l’1,45%. Ancor più significativo il dato relativo al numero dei cosiddetti Campioni digitali globali, cioè quelle aziende interamente focalizzate sull’Ia: otto in Germania, sette in Francia, zero in Italia. In questo senso, la cornice normativa appena definita dall’Ue potrebbe rappresentare un ulteriore ostacolo per lo sviluppo dell’innovazione italiana. Secondo gli studiosi, il contributo che l’IA generativa potrebbe apportare all’economia globale è stimabile in una forbice compresa fra 2,6 e 4,4 migliaia di miliardi di dollari all’anno, cifra che rappresenta il prodotto interno lordo di un paese come il Regno Unito È stato approvato il primo pacchetto di regole europee sull’utilizzo dell’IA allo scopo di porre fine al “far west dell’algoritmo”. Si tratta del primo quadro normativo sui sistemi di IA nel mondo
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