Civiltà del Lavoro, n. 2/2024

50 FOCUS Civiltà del Lavoro | marzo • aprile 2024 te per lo Sviluppo del Fucino. Un successo di Cavina. Nel frattempo, però, le condizioni erano migliorate, e quindi si era insinuata la politica e le polemiche che spesso la politica porta con sé. E Cavina cominciò ad avere così qualche difficoltà, qualche invidia, qualche gelosia, la rivendicazione dei posti di direzione per i locali, capì che la sua funzione era finita e preferì lasciare prima che l’insoddisfazione lo costringesse a farlo. Verso la metà degli anni ’50 Gianni Cavina tornò a Roma. Arrivò senza lavoro e a Roma ci ritrovammo, perché anche io nel frattempo mi ero trasferito, ero arrivato da corrispondente alla redazione centrale de “Il Tempo”, ma siccome non mi bastava lo stipendio magro di un giornalista alle prime armi, mi ero trovato un secondo lavoro e avevo trovato una persona straordinaria, il presidente della Federazione dei Cavalieri del Lavoro Enrico Pozzani, un imprenditore milanese, una personalità di una grandissima sensibilità umana e di grandissima spiritualità, come Cavina, il quale voleva fare qualcosa, voleva che gli imprenditori (i Cavalieri del Lavoro sono gli imprenditori migliori d’Italia, quelli che meritano il riconoscimento della Repubblica per ciò che hanno fatto, per i posti di lavoro che hanno creato, per le aziende che hanno fondato) ma voleva che l’impegno fosse anche sul piano sociale e che fosse più ampio dell’orizzonte aziendale. E pensò, (oggi il Cardinal Ravasi ci ha dato quella bellissima definizione di “tempio”) a un tempio del lavoro che riunisse armonicamente tutte le componenti del lavoro, e quindi fece un accordo con la Federazione dei Maestri del Lavoro, che sono i dirigenti d’azienda che hanno ben meritato dopo una lunga militanza in aziendi Gianni LETTA Pubblichiamo un estratto dell’intervento tenuto lo scorso 20 marzo 2024 da Gianni Letta, in occasione della cerimonia per il 100° anniversario della nascita di Gianni Cavina, primo direttore del Collegio Lamaro Pozzani o incontrato Gianni Cavina la prima volta quando avevo 18 anni, e lui ne aveva 29. Era arrivato ad Avezzano, dove io “tentavo” le mie prime esperienze giornalistiche. Ero stato nominato corrispondente di un giornale di Roma, Il Tempo, della Rai e dell’Ansa. Ero appena uscito dal Liceo, mi ero iscritto all’università, e Cavina arrivò inaspettato e sconosciuto come direttore dell’Ente Maremma e Fucino, l’ente di riforma agraria, al seguito del presidente dell’ente che era il senatore Giuseppe Medici. Sconosciuto, inaspettato, una grande sorpresa che generò sgomento e non fu infatti un articolo di benvenuto quello che pubblicai sul Tempo per dare la notizia della nomina e dell’arrivo ad Avezzano di questo giovanotto. […] Cavina si dedicò non ai problemi dell’agricoltura, né a quelli amministrativi, ma pensò di fare un grande programma di promozione sociale, di promozione umana, professionale, spirituale, culturale. Nel ’54 fu fatta una legge che separava la Maremma dal Fucino e nacque l’EnH Un momento della cerimonia Collegio Universitario Lamaro Pozzani NASCITA DI UN’INTUIZIONE

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