Civiltà del Lavoro, n. 3/2024

42 FOCUS Civiltà del Lavoro | maggio • giugno • luglio 2024 GENNARO GUADALUPI: “Il ruolo del welfare aziendale” Due anni fa, quand’ero nel Con- siglio del Gruppo Lombardo, ab- biamo affidato all’Università di Bergamo un’indagine sull’occu- pazione femminile e sulle poli- tiche per migliorarla – ha affer- mato il Cavaliere del Lavoro e presidente di Vin Service Da- niela Gennaro Guadalupi –. Il nostro mercato del lavoro è caratterizzato da persistenti divari territoriali e dispa- rità nell’occupazione per genere, per età e titolo di stu- dio. C’è una bassa partecipazione al mercato del lavoro, soprattutto delle donne. Nel 2021 l’Italia è al penultimo posto nella Ue, appena sopra alla Romania, rappresentia- mo il 55,4% rispetto alla media dell’Unione europea del 68,5%, quindi abbiamo ben 13,1 punti percentuali in meno di donne impegnate nel mondo del lavoro. C’è anche un’elevata differenza di genere nell’occupazio- ne e nei salari. C’è poi una bassa flessibilità dell’orario di lavoro perché in Italia circa un lavoratore su cinque ha la possibilità di modulare il proprio orario di lavoro, men- tre la media europea è di un lavoratore su tre e addirit- tura, nei paesi nordici, due lavoratori su tre possono mo- dulare il loro orario. Inoltre, c’è un’altissima rigidità in entrata e in uscita dal mercato del lavoro: siamo al quinto posto nell’Ocse con le procedure più rigide per i licenziamenti dei lavoratori con contratti a tempo indeterminato e al terzo posto per la rigidità di utilizzo dei contratti temporanei. Nelle imprese del campione il 49% dell’occupazione è di genere femminile, mentre la media italiana è del 43%. Ab- biamo quindi già sei punti percentuali in più nelle aziende dei Cavalieri del Lavoro. C’è però una grande eterogeneità nella presenza femmi- nile. Tra le imprese manifatturiere il personale femmini- le è solo il 26%, mentre nei servizi arriva fino al 47%. So- lo il 13% delle imprese campione ha almeno la metà del personale di genere femminile. Nei rapporti di lavoro part time, il genere femminile rappresenta l’83% ed è su- periore alla media italiana del 76%. I Cavalieri del Lavo- ro, quindi, concedono il part time il 7% in più della media delle aziende italiane. Dall’indagine è emerso principalmente che la percentua- le di genere femminile aumenta con il livello di istruzio- ne. Purtroppo con la licenza media il genere femminile ha una quota inferiore al 20%. Tra i lavoratori con laurea magistrale invece, la quota sale fino al 40%. In merito alle progressioni di carriera, il 38% delle im- prese del campione ha almeno una donna tra le posizio- ni manageriali e la quota di donne nel top management è il 30%, cioè le aziende dei Cavalieri del Lavoro hanno il 2% in più di top manager rispetto alla media naziona- le, che è del 28%. Nelle posizioni apicali, tuttavia, la presenza di genere fem- minile è ancora bassa. Solo il 6% delle aziende dei Cava- lieri del Lavoro ha la maggioranza delle posizioni dirigen- ziali coperte da donne, fra cui i Ceo sono solo il 14% e il 25% sono amministratori delegati. Inoltre, le donne hanno meno degli uomini l’onere di seguire corsi di formazione. La retribuzione lorda delle donne è del 17% inferiore a quella degli uomini. Lo stipendio ridotto che percepisco- no le signore è, in percentuale, fra il 4% e il 35% inferio- re, un divario molto alto. Il 90% delle aziende ritiene che la diseguaglianza tra donne e uomini sia oggi ancora molto alta o molto diffusa. L’85% delle aziende pensa che ci sia discriminazione di genere nelle imprese e pensano che le donne abbiano effettiva- mente più difficoltà rispetto agli uomini nel raggiungimen- to delle posizioni dirigenziali. Nessuna azienda ritiene che gli uomini siano dirigenti mi- gliori delle donne, ma ritengono che le donne sono me- no disposte degli uomini a fare carriera. Questo è proprio un punto culturale su cui riflettere. Il 57% delle imprese dei Cavalieri del Lavoro lombardi non ritiene che le “quo- te rosa” siano uno strumento efficace per aumentare la presenza di donne in posizioni dirigenziali, mentre vie- ne accolta con più positività la certificazione della parità di genere, che per il 60% aiuterà a ridurre le differenze. Le quote rosa all’inizio sono state dirompenti, hanno con- tribuito a ridurre le differenze di genere nelle posizioni apicali ma, generalmente, sono vissute come un vincolo, come una forzatura e non sono considerate particolar- mente efficaci. Tuttavia, l’intervento del legislatore è ritenuto utile nell’ob- bligare le aziende a lavorare su questi temi e ad avviare un cambiamento culturale. Nelle aziende occorre punta- re su politiche di parità di genere e di supporto nel pe- riodo di maternità volte soprattutto a mantenere le neo- mamme informate e coinvolte nella vita aziendale, anche con l’utilizzo dell’Ia. Dalla nostra indagine emerge che il 72% delle aziende ha un contratto aziendale, ma solo una su cinque adotta espli- citamente una contrattazione di genere. Con riferimento ai congedi, oltre quanto previsto dalla legge e dal contrat- to nazionale, le aziende fanno ricorso alla contrattazione di secondo livello, soprattutto per i congedi di paternità nel 30%, congedi parentali al 26% e in misura minore con- gedi di maternità, il 13%. DEMOGRAFIA

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