Civiltà del Lavoro, n. 6/2024

36 FOCUS Civiltà del Lavoro | novembre • dicembre 2024 le (a favore dell’Europa per 156 miliardi nel 2023) anche con la minaccia di dazi sulle importazioni europee. Il riequilibrio potrebbe avvenire con maggiori acquisti di prodotti energetici, a cominciare da petrolio e gas, dagli Usa anche per compensare le mancate importazioni russe. La seconda sfida riguarda i costi per la difesa e per la Nato: Trump chiede all’Europa di aumentare le proprie spese ben oltre il 2% del Pil concordato in sede Nato nel 2014 (noi siamo all’1,5-1,6%). Di recente, il Presidente Usa ha addirittura parlato del 5%, minacciando di non difendere (in base all’articolo 5 del Trattato Nato) i paesi che non aumenteranno le spese per la Difesa. Infine, Trump vorrebbe un maggiore impegno europeo nella difesa dell’Ucraina, ipotizzando anche una forza europea di interposizione da 150-200 mila uomini in caso di tregua con la Russia. E c’è infine una minaccia implicita, ma molto rischiosa: Trump non apprezza l’Unione europea (al pari delle altre organizzazioni multilaterali) e cercherà di imporre rapporti bilaterali con i singoli paesi europei, scavalcando l’Unione anche nei settori, come la politica commerciale internazionale, dove l’Ue ha il massimo delle competenze. Se i singoli paesi europei accetteranno questo schema di rapporti bilaterali, potrebbero minare le fondamenta stesse dell’Unione. La difesa comune Nel 2023 la spesa militare globale ha raggiunto i 2.443 miliardi di dollari (più 6,8% sul 2022). Gli Usa hanno speso 916 miliardi, il 37% del totale, tre volte più della Cina (12% del totale) e 9 volte più della Russia (4%). I 27 paesi Ue, con eserciti di 1,5 milioni di soldati e 3.300 moderni carri armati, hanno speso 279 miliardi (l’Italia 28 miliardi). Se fossimo una federazione come gli Stati Uniti saremmo più o meno al livello della Cina e più di tre volte la Russia. Ma poiché le politiche militari sono rigorosamente nazionali, i nostri 279 miliardi “valgono” molto di meno. In particolare, noi paesi europei acquistiamo il 70% degli apparati militari da paesi extra Ue (soprattutto Usa) e investiamo poco e male nello sviluppo di nuovi sistemi di difesa. Da qui, oltre che dalla pressione di Trump, deriva la necessità di unificare le politiche e gli investimenti per la Difesa. La Ue ha varato nel marzo scorso un programma per l’industria della difesa che prevede incentivi per 1,5 miliardi per acquistare in maniera congiunta almeno il 40% dei sistemi per la difesa nel 2030 per arrivare al 60% nel 2035, sviluppando le produzioni europee. L’industria della difesa sta sviluppando progetti integrati, come quello della nostra Leonardo con la tedesca Rheinmetall per lo sviluppo di un nuovo carro armato, e chiede più risorse europee. E occorrerà integrare anche la Gran Bretagna alla Difesa comune. Tanto più che il nostro Paese ha siglato un accordo proprio con gli inglesi e i giapponesi per lo sviluppo di un nuovo aereo caccia. Non mancherà, dunque, il lavoro al nuovo commissario europeo alla difesa, il lituano Andrius Kubilius. La competitività dell’economia Dal 2019 al 2023 gli Stati Uniti sono cresciuti del 9%, la Ue del 4%; Dal 2008 i salari reali americani sono molto aumentati rispetto a quelli europei; le Borse americane capitalizzano il 75% delle Borse globali; le auto elettriche cinesi stanno penetrando in Europa. Sono molti i segnali di perdita di competitività dell’Europa rispetto a Usa e Cina. Per invertire la rotta il Rapporto Draghi suggerisce un’ampia gamma di interventi e investimenti aggiuntivi per 800 miliardi l’anno, pubblici e privati. Lo stesso Draghi ha di recente esortato l’Europa a modificare il proprio “modello di sviluppo”, passando da uno schema trainato dalle esportazioni che ha mantenuto bassi i salari, a uno sviluppo trainato dalla doDiversi analisti ritengono che Trump non apprezzi l’Unione europea e preferisca i rapporti bilaterali e che cercherà di imporre rapporti bilaterali con i singoli paesi europei, scavalcando l’Unione Dal 2008 i salari reali americani sono molto aumentati rispetto a quelli europei; le auto elettriche cinesi stanno penetrando in Europa. Sono molti i segnali di perdita di competitività dell’Europa rispetto a Usa e Cina

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