39 FOCUS Civiltà del Lavoro | novembre • dicembre 2024 pressione fiscale europea, già molto elevata, gli Stati membri dovrebbero rinunciare a una parte delle proprie tasse. E poi un maggior debito comune richiede una riduzione dei debiti degli Stati membri, a cominciare da quelli più indebitati, come Italia, Grecia e Francia. Saremo disponibili a “sacrificarci” per far crescere il bilancio comune? Riforme istituzionali e scelte politiche Le sfide europee richiedono anche un assetto istituzionale europeo più flessibile ed efficiente, con trasferimento di sovranità dagli Stati membri all’Unione in settori come la difesa e il fisco, dove sinora le competenze sono rimaste saldamente nazionali. E ciò dovrebbe avvenire mentre in tutta Europa si rafforzano i partiti nazionalisti e sovranisti, che hanno aumentato la propria rappresentanza sia nell’Europarlamento, sia nella Commissione. È questa la grande contraddizione politica che pesa sul futuro della Ue. Riforme necessarie vanno dal superamento dell’unanimità e del diritto di veto dei governi nel Consiglio europeo, fino alla concessione all’Europarlamento di una piena capacità legislativa col potere di presentare disegni di legge e non solo di intervenire sulle direttive proposte dalla Commissione. Gli Stati membri, e in particolare i governi nazionalisti, saranno disposti ad accettare queste riforme? O, in alternativa, sarebbe possibile una collaborazione rafforzata su singole materie (come la Difesa) di alcuni paesi, come avvenuto per la moneta unica? Sono le domande decisive per il futuro della nostra “casa comune”. Sarebbe importante che i grandi partiti europei ne discutessero a fondo, a cominciare dalla campagna elettorale per le elezioni tedesche di febbraio, per far capire a noi cittadini europei l’importanza della posta in gioco. (P.M.) manda interna, che richiede più salari e più investimenti. Il “serbatoio” per questa rivoluzione sta nei 300-350 miliardi di risparmi annui che gli europei non impiegano per investire in Europa, ma che vengono affidati soprattutto a fondi americani. Sicché noi europei finanziamo la crescita americana e anche l’acquisto Usa di aziende europee. Mobilitare queste risorse richiede una vasta gamma di misure, dal completamento del mercato unico (come spiega Enrico Letta nell’intervista che pubblichiamo nelle pagine seguenti) alla revisione degli aiuti di Stato, dalla sburocratizzazione a un aumento del bilancio europeo e del debito comune per finanziare i grandi programmi di modernizzazione come il Green Deal e la digitalizzazione. Il bilancio e il debito comune Per molti anni il debito comune europeo, suggerito tra gli altri da Romano Prodi e da Alberto Quadrio Curzio, è stato un tabù per la contrarietà dei paesi “frugali” del Nord, a partire dalla Germania. Poi è arrivata la pandemia e il debito comune è diventata una necessità: così la Ue si è indebitata per finanziare i 750 miliardi del Next Generation Eu e i 100 miliardi del programma Sure per sostenere la cassa integrazione. Ora le nuove emergenze, dalla difesa comune al Green Deal, dalla digitalizzazione al sostegno di industrie in trasformazione come l’automotive, richiederebbero nuovo debito comune per rafforzare il bilancio Ue. Si stima che l’Ue potrebbe emettere debito comune per tremila miliardi a tassi inferiori a quelli della maggior parte degli Stati membri. Il vantaggio sarebbe dunque significativo. Ma ci sono due problemi: per ripagare questi debiti la Ue dovrebbe aumentare le entrate fiscali proprie e per non aumentare la Foto perfectpixelshunter © 123RF.com
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