7 ndipendentemente da come finirà, il “caso Starlink” ha reso evidente a tutti la distanza tecnologica che separa gli Stati Uniti dall’Europa. Se il nostro Paese adotterà per le sue comunicazioni strategiche (ambasciate, Forze Armate, servizi) la rete satellitare di Elon Musk è anche perché l’Europa è in grave ritardo. Starlink ha oltre 6.700 satelliti in orbita bassa e arriverà in pochi anni a oltre 40mila per comunicare con ogni punto del globo terraqueo, perché è in grado di piazzarne moltissimi nello spazio grazie ai razzi di Space X (sempre di Musk), che effettuano un centinaio di lanci l’anno. Anche Jeff Bezos di Amazon sta creando una sua rete satellitare. Ceduta Eutelsat agli indiani, l’Ue dovrebbe avviare quest’anno i servizi di GovSatCom, programma pubblico-privato che utilizzerà le capacità residue degli attuali satelliti europei, in attesa di creare la rete Iris2 (simile a Starlink), con 260-270 satelliti iniziali nel 2030. In ogni caso, sarebbe bene che i rapporti con Starlink fossero concordati in sede europea per non trattare con Musk in ordine sparso e con minor peso contrattuale. Detto ciò, è evidente che ridurre il divario tecnologico con gli Stati Uniti (e la Cina), nello spazio come nell’AI, nell’automotive come nelle scienze della vita, è la prima priorità della nuova legislatura europea e della nuova Commissione presieduta da Ursula von der Leyen, alla quale sono collegati gli altri obiettivi europei: difesa comune, decarbonizzazione sostenibile per l’industria, riduzione dei prezzi dell’energia, che stanno subendo nuove tensioni, anche per l’inverno particolarmente freddo, dopo la decisione dell’Ucraina di non consentire più il transito del gas russo verso l’Europa centrale. Tutti temi che affrontiamo in questo numero di “Civiltà del Lavoro” e che la Federazione dei Cavalieri del Lavoro discuterà nel convegno nazionale del prossimo 7 giugno a Venezia. I problemi sono dunque noti, richiederanno colossali investimenti e l’agenda per affrontarli sta nei Rapporti di Mario Draghi sulla competitività e di Enrico Letta sul mercato unico. Ma la politica e le opinioni pubbliche europee sono davvero consapevoli della portata di queste sfide? E sono disponibili ad affrontarle per rafforzare l’Ue concedendole la sovranità e le risorse necessarie, anche riducendo il ruolo degli Stati nazionali? Oppure preferiranno mantenere l’Ue incompiuta, con un bilancio minimo (poco più dell’1% del Pil) e con il metodo dell’unanimità e del diritto di veto degli Stati membri sulle questioni più rilevanti, che spesso significa la paralisi o estenuanti trattative e compromessi quasi sempre al ribasso? Oppure ancora: sono disponibili a procedere su temi cruciali come la difesa col metodo delle “unioni rafforzate”, già sperimentato con la moneta unica, in cui chi è pronto parte e gli altri possono aggregarsi se e quando vogliono? E questa Unione “a centri concentrici” reggerebbe alle sfide o finirebbe per disgregarsi? Va tenuto presente che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump non pare favorevole al rafforzamento dell’Ue, ma preferirebbe relazioni bilaterali con i singoli Stati, che avrebbero ovviamente un minore potere contrattuale sui diversi terreni, dal riequilibrio delle politiche commerciali al confronto con Russia e Cina. Il dilemma dei prossimi mesi è dunque chiaro: assumersi la responsabilità (e i sacrifici) di rafforzare l’Europa – respingendo le istanze disgregatrici che pure appaiono in alcuni paesi europei – per consentirle di giocare un ruolo da protagonista nel futuro “risiko” geopolitico, oppure ritagliarsi una posizione di interlocutore privilegiato all’ombra del nuovo potere imperiale americano? La nostra premier Giorgia Meloni, che nella conferenza stampa di inizio anno ha detto di vantare un “solido rapporto” con Trump (Musk), potrebbe essere tentata di adottare questa seconda strada. È dunque importante che l’opinione pubblica italiana ed europea affronti il dilemma, ne discuta e dica pubblicamente quale opzione preferisce. I Cavalieri del Lavoro si impegneranno in questo lavoro da qui al Convegno di giugno e oltre. Confidiamo che non siano i soli. (P.M.) I Civiltà del Lavoro | novembre • dicembre 2024 RAFFORZARE L’UNIONE O TRATTARE SINGOLARMENTE CON TRUMP? EUROPEI AL BIVIO EDITORIALE
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