Civiltà del Lavoro, n. 6/2024

73 Civiltà del Lavoro | novembre • dicembre 2024 Si definisce anche appassionato di meccanica: se non avesse avuto successo nel settore dell’abbigliamento sarebbe stato quello il suo “piano B”? A 12 anni ho realizzato da solo una bicicletta, comprando un pezzo alla volta, grazie ai soldi che ricevevo vendendo il ferro recuperato dalle macerie della Seconda Guerra Mondiale. Quando avevo solo 15 anni ho realizzato una macchina per fare i pon-pon, grazie alla collaborazione con una officina che ha lavorato sotto la mia direzione. Da 50 pezzi al giorno siamo riusciti ad arrivare a produrne oltre 2.000 al giorno! Questo è stato un passaggio molto importante in quanto ci ha concesso di poter soddisfare ordini più grandi. Nel corso degli anni, non ho mai smesso di appassionarmi alla meccanica e ho sempre continuato a coltivarla. Di recente, in collaborazione con un nostro fornitore, ho partecipato al progetto per realizzare una macchina per smerigliare in circolare un tessuto a maglia da 80/gr al mq, quindi molto delicato. È stato un progetto patrocinato dall’Università di Padova, per un valore di qualche milione di euro. Una grande soddisfazione che mi fa affermare che sì, sicuramente la meccanica sarebbe stata la mia strada alternativa, ma non l’ho comunque mai trascurata. Ho avuto infatti la possibilità di applicarla anche al lavoro tessile. Infine, ho anche una grande passione ed esperienza nel mondo dell’edilizia, tanto che ho curato personalmente lo sviluppo di tutti gli stabili aziendali. La sua azienda è tra i fondatori del consorzio Cobat Tessile, costituito per il recupero e il trattamento di prodotti tessili giunti a fine vita: quanto è importante saper riciclare nel modo giusto nel settore in cui opera? Per rendere un capo riciclabile si deve partire dal design, perché è necessario, in fase di progettazione, ridurre il numero di materiali coinvolti nel suo sviluppo. Per noi il recupero dei materiali è sempre stato un tema importante e ci stiamo adoperando per prestare sempre maggiore attenzione a questo aspetto. Parlando di attenzione alla riduzione degli sprechi e al rispetto dell’ambiente, devo aggiungere anche il concetto di durata del capo, perché il capo più sostenibile è quello che si usura meno e che “vive” di più. Per questo motivo ho sempre cercato di porre attenzione alla qualità dei materiali, sin dall’inizio della nostra storia. Che cosa ha significato per lei essere nominato Cavaliere del Lavoro? Pensavo si fossero sbagliati e che mi sarebbe arrivata la telefonata di smentita. Poi la mia famiglia ha confessato, assieme a tutti i collaboratori, che avevano presentato loro la candidatura. Ho subito sottolineato ai miei figli che la metà di questa Onorificenza spetta alla loro mamma, mia moglie Graziella, che sia mentalmente che fisicamente ha sempre lavorato al mio fianco e ha reso tutto questo possibile. Per me questo riconoscimento è un segno che lascio ai miei nipoti, affinché possano pensare di avere avuto un nonno che ha lavorato onestamente. Questo mi basta. Filati F.lli Campagnolo

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