Civiltà del Lavoro, n. 6/2024

11 Civiltà del Lavoro | gennaio • febbraio • marzo 2025 PRIMO PIANO L’Italia deve investire di più in ricerca: come possono contribuire le università? Nell’ultimo anno, con un calo dall’1,41% al 1,37% del Pil, l’Italia si è attestata in Europa al di sotto della Croazia per investimenti in ricerca e sviluppo. Laddove la media Eu si aggira intorno al 2,2%, con punte svedesi che raggiungono il 3,5%. E questo a fronte del fatto che: i ricercatori italiani sono fra i più citati al mondo (al settimo o all’ottavo posto a seconda della fonte); che nell’ultima tornata degli ERC Starting Grants l’Italia era al quarto posto in Europa per progetti finanziati, anche se poi buona parte dei vincitori dichiaravano che avrebbero condotto le loro ricerche all’estero. Considerando questi dati, direi che le università fanno già più di quello che è finanziariamente e umanamente possibile. Se imprese e governi facessero altrettanto, investendo somme paragonabili a quelle dei paesi innovativi, l’Italia sarebbe finalmente in grado di garantire alle prossime generazioni un futuro promettente. Nei Paesi più sviluppati molte imprese innovative nascono dalle università. Vale anche per il nostro Paese? Tutte le università italiane hanno ormai da anni delegati al trasferimento tecnologico, spin-off e perfino incubatori di impresa. Tuttavia, il passaggio dal “progetto al prodotto”, a imprese sostenibili, produttive o perfino di successo è ancora contenuto. Realtà che dipende anche in questo caso da fattori soprattutto dimensionali, tanto del tessuto produttivo italiano – caratterizzato principalmente da piccole e medie imprese – quanto della capacità di investimento delle realtà presenti sul nostro territorio. Come spingere i giovani a scegliere le discipline Stem (scienza, tecnologia, ingegneria, matematica), che garantiscono migliori opportunità d’impiego? Gli studenti che si immatricolano nelle discipline Stem sono sotto il 30% del totale e fra questi molto poche sono le donne. A parte tutte le iniziative già in corso, non ultima la Settimana delle discipline Stem – che in genere si celebra a febbraio – per incidere su questa sproporzione è necessario iniziare presto, fin dalla scuola media inferiore, a far emergere i talenti “scientifici” dei bambini e a smontare alcuni luoghi comuni della nostra tradizione, che posizionano le scienze “dure” un gradino più in basso della cultura umanistica. “Cultura” dovrebbe tornare a essere un termine onnicomprensivo, prendendo ad esempio figure come Galileo. Come migliorare l’orientamento per indurre i giovani a scegliere la facoltà “giusta”? Come per le discipline Stem la chiave è iniziare presto, senza pregiudizi di genere, estrazione sociale, provenienza territoriale, tradizione familiare. A livello di sistema poi, la Crui ha istituito la Giornata Nazionale delle Università, che si celebra ogni 20 marzo per avvicinare alle università, “svelandole”, soprattutto chi le considera realtà lontane. Quest’anno alla Giornata si è aggiunta anche “Scegli l’Università”, una campagna pubblicitaria realizzata con la Fondazione Pubblicità Progresso che punta a far capire proprio questo: l’università è un luogo dove, attraverso la frequentazione in presenza, si formano cittadini responsabili e professionisti competenti. Ma, soprattutto, rappresenta un’opportunità proprio per chi è convinto di non poterla frequentare. Foto pitinan © 123RF.com

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