Civiltà del Lavoro, n. 6/2024

46 FOCUS Civiltà del Lavoro | gennaio • febbraio • marzo 2025 dato significativo che risulta sottostimato, non avendo alcuni paesi come India, Bangladesh e alcuni stati africani fornito statistiche complete. Le analisi disponibili si concentrano prevalentemente sull’infertilità femminile, trascurando quella maschile, dimostrata essere in declino negli ultimi anni. Infatti, la meta-analisi apparsa sullo Human Reproduction Update fotografa il crollo verticale della capacità riproduttiva maschile segnando meno 59,3% in 40 anni (da 99 milioni di spermatozoi per millilitro nel 1973 a 47 milioni nel 2011), con un’accelerazione del declino dal 2000. Il sistema riproduttivo è particolarmente sensibile a stress endogeni ed esogeni: stili di vita scorretti, inquinamento, scarsa prevenzione inducono processi di invecchiamento dei gameti, complicando la procreazione, comportando una maggiore predisposizione a patologie cronico-degenerative e una riduzione dell’aspettativa di vita sana, con un peggioramento della salute complessiva della popolazione. Tutto ciò solleva serie preoccupazioni nella comunità scientifica. A tal proposito, il progetto di ricerca EcoFoodFertility (www.ecofoodfertility.it) – che indaga il rapporto fra inquinamento, stili di vita, alimentazione, fertilità in coorti selezionate di giovanissimi sani, non fumatori, non bevitori abituali, non consumatori di droghe, in diverse aree d’Italia ad alto tasso di inquinamento (Terra dei Fuochi, Brescia, Valle del Sacco, Modena, Vicenza, Taranto) – evidenzia come un giovane maschio su due presenti almeno un’alterazione di uno dei parametri dello spermiogramma e, in particolare, anomalie nei sistemi antiossidanti, proteomici, epigenetici, genetici degli spermatozoi. Queste anomalie sono state messe in relazione con il bioaccumulo di contaminanti ambientali, quali metalli pesanti, sostanze perfluoroalchiliche (PFAS), policlorobifenili (PCB), idrocarburi policiclici aromatici (IPA), composti organici volatili (VOC), nel liquido seminale degli utenti, suggerendo il forte legame tra salute riproduttiva ed esposizione ambientale. I risultati sono stati confrontati con quelli ottenuti esaminando giovani della stessa età, con le medesime condizioni di salute, ma residenti in un’area a basso tasso di inquinamento (Valle del Sele), e i rischi riproduttivi sono risultati molto meno significativi. La pressione ambientale dunque gioca a sfavore. E la disuguaglianza in termini di salute riproduttiva, rilevata precocemente attraverso la qualità del seme “sentinella” sensibile all’ambiente, è in linea pure coi dati di maggiore incidenza di patologie cronico-degenerative che si riscontrano proprio nelle aree più inquinate. Il rapporto Istat 2024 mette in luce come questa problematica sia particolarmente acuta nelle aree interne (o marginali), che rappresentano il 58% del territorio nazionale, il 22,7% della popolazione, circa 13 milioni di persone, in un’Italia che registra uno dei tassi di natalità più bassi al mondo (1,20), lontano dalla soglia di sostituzione della popolazione (2,1). Le analisi disponibili si concentrano prevalentemente sull’infertilità femminile, trascurando quella maschile, dimostrata invece essere in declino negli ultimi anni, come si evince dal recente Human Reproduction Update Fonte: Elaborazione Censis su dati Istat TASSO DI NATALITÀ NEI PAESI EUROPEI, 2020 (Nati per 1.000 abitanti)

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