56 FOCUS Civiltà del Lavoro | gennaio • febbraio • marzo 2025 dustrial Deal abbiamo Teresa Ribera che si occupa della transizione ecologica, Stéphane Séjourné, che si occupa di prosperità e strategia industriale, e poi il Commissario olandese Hoekstra, che si occupa di clima. Lo stesso sulla difesa. Abbiamo la nuova Alta rappresentante Kaja Kallas, ma anche il Commissario per la Difesa Kubilius”. “C’è insomma il sospetto – ha sottolineato Pirozzi – che ci sia stata l’intenzione da parte della presidente von der Leyen di spacchettare per rendere il tutto meno chiaro e accentrare su di sé gran parte delle decisioni. Questo potrebbe anche funzionare, ma allo stesso tempo non assicura che la ‘macchina’ la segua. E per ‘macchina’ intendo il resto delle istituzioni e gli Stati membri che sono i primi attori in questo settore”. Proseguendo l’analisi Nicoletta Pirozzi ha parlato anche di fughe in avanti e atteggiamenti solitari. “La Germania, per esempio, sicuramente ha una capacità fiscale e finanziaria molto maggiore rispetto agli altri Stati membri e sta già mettendo sul campo grossi investimenti dal punto di vista della difesa”, ha affermato, ricordando al contempo i tentativi da parte di altri Stati membri di “compiacere il nuovo presidente americano per ottenere un trattamento di favore, soprattutto dal punto di vista economico”. “Questo implica che ci sono una serie di spinte alla frammentazione che le nuove istituzioni dovranno essere in grado di gestire – ha evidenziato –. Questo significa, innanzitutto, trovare un nuovo equilibrio tra la Commissione e le istituzioni intergovernative, dal Consiglio Europeo al Consiglio dell’Ue e così via. Per governare l’incertezza, l’Ue deve attuare delle riforme necessarie”. Quella dei meccanismi decisionali, per esempio, è sicuramente una di quelle prioritarie. “Dovremmo fare in modo che, su certe questioni, sia possibile andare avanti anche con gruppi ristretti di Stati membri come si sta delineando, in particolare nel settore della difesa – ha argomentato Pirozzi –. È importante che si formi questo ‘nucleo duro’ che porti avanti alcune iniziative europee. Bisogna anche stare attenti a non perdere gli altri, a non creare un’Europa di serie A e un’Europa di serie B perché questo provocherebbe une serie di spinte centrifughe. Ma se si lascerà la porta aperta a quegli Stati membri che a un certo punto avranno le capacità di impegnarsi di più, allora queste forme di cooperazioni rafforzate, geometria variabile, integrazione differenziata – chiamiamola come vogliamo – potrebbero risultare la soluzione che abbiamo in questo momento per l’Europa”. Infine, l’esperta dell’Istituto Affari Internazionali ha concluso con alcune riflessioni sul tema dell’allargamento. “Dobbiamo pensare anche a come riformare le istituzioni stesse, soprattutto se ci poniamo nell’ottica del futuro allargamento dell’Ue perché ci siamo impegnati ad accogliere non soltanto i 6 paesi dei Balcani occidentali, ma anche 3 paesi sul fianco Est: Ucraina, Georgia e Moldova. Questo porterà l’UE a 30-35, forse addirittura 36 Stati membri”. A questo scopo “dobbiamo dare piena attuazione ai trattati: la Commissione deve avere meno membri, diventare un collegio più ristretto e, finalmente, pienamente sopranazionale. Ci vuole un rafforzamento dei poteri del Parlamento perché più siamo, più il controllo democratico sulle decisioni risulta fondamentale e poi, secondo me, dovremmo sperimentare sempre più queste forme modulari di cooperazione, come abbiamo fatto con l’euro, e con l’area Schengen”. Un’ultima sottolineatura è arrivata sulla bontà del modello di democrazia che vige in Europa: “Ci si lamenta spesso che l’Ue sia eccessivamente burocratica, che i tempi siano eccessivamente lunghi. Ma siamo legati da regole democratiche e dobbiamo comporre gli interessi di 27 Stati membri, quindi sicuramente non avremo la rapidità e l’efficacia di altri attori internazionali. Si fa riferimento alla Cina, che da un giorno all’altro mobilita risorse ingentissime. Tutto questo ha un prezzo. Il livello di godimento dei diritti che abbiamo all’interno dell’Ue è dovuto anche a questa capacità regolamentare della Commissione, è dovuto anche a questo complesso di norme e istituzioni che, concordo, non sempre sono efficienti ma assicurano livelli di benessere, di godimenti di diritti che non hanno eguali al mondo”. ALI REZA ARABNIA: “Il difficile dialogo sul futuro dell’auto” “L’automotive è un esempio di difficoltà di rapporto con la Ue”. Da queste parole ha preso il via l’intervento di Ali Reza Arabnia, Chairman e Ad di Gecofin. “Ho l’onore e l’onere di rappresentare e coordinare i Cavalieri del Lavoro che operano nel settore dell’automotive. Abbiamo fatto partire quest’iniziativa nel 2020, assistendo a un cambiamento di paradigma dell’automotive già di per sé dovuto ad aspetti demografici, cambiamenti delle richieste di mercato e tanti altri, che con il Covid sono stati accentuati – ha raccontato –. Invece di avere un approccio pragmatico, aiutando le aziende ad affrontare questo cambio di paradigma, da Bruxelles arrivavano continuamente nuove regole che complicavano ulteriormente la situazione dell’industria. Allora ci siamo messi insieme e abbiamo cominciato a vederci una volta al mese. In questi incontri – ha spiegato – parliamo delle nostre aziende, invitiamo esperti globali a
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