Quaderni sulla sostenibilità

Quaderni sulla Sostenibilità Incontri quote sono diventate necessariamente, nella regolamentazione europea, dei “valori mobi- liari” come i “derivati” nel mercato finanziario. Questo discorso vale anche per la città. Che cos’è la città? È un “sistema complesso”, un’ag- gregazione di persone, mentre la foresta è un “sistema complesso” di vita di realtà naturali (la biodiversità). La città nasce come esigenza di vivere insieme perché l’individuo diventa persona attraverso le relazioni con gli altri, attraverso le relazioni sociali, culturali, affetti- ve, politiche ed economiche. È un discorso importante perché, nel tempo, la città si è sempre sviluppata soprattutto in una prospettiva e in una dimensione di difesa e di realizzazione di un contesto per la rela- zione con gli altri e lo scambio. Poteva essere uno scambio culturale, uno scambio econo- mico, uno scambio di servizi, di prestazioni e così via. Tuttavia all’idea della città noi asso- ciamo l’idea delle mura; la prima città è quella fondata da Caino dopo l’omicidio di Abele, sotto l’impronta della violenza. Prima il pericolo era esterno alle città. La costruzione delle mura intorno ad esse stava a significare la difesa rispetto all’aggressione esterna. Quest’ultima poteva essere quella del- le bestie selvagge, o altre sciagure, calamità naturali o l’invasione del nemico. Mura all’e- sterno quindi. Piano piano le cose sono cambiate. Le città non hanno più mura verso l’esterno; hanno mu- ra al loro interno. Si pensi al Muro di Berlino, alle caratteristiche e all’assurdità di un mu- ro che per esempio tagliava una strada in senso longitudinale, non in senso trasversale, in modo che le finestre di una parte della strada non potevano guardare le finestre dell’altra parte di essa. Il Muro di Berlino è caduto più di trent’anni fa e adesso dobbiamo fare i con- ti con tanti muri che si sono ricreati all’interno della città. Si pensi ai centri città abbandonati e occupati dai senza casa e dai migranti, alle baracco- poli, alle favelas, a tutte quelle forme di concentrazione umana nelle quali mancano risorse umane e tecnologiche fondamentali. Le città rischiano di diventare ghetti contrapposti: da un lato i “ricchi” con la chiusura e la difesa del loro benessere, delle loro risorse e dei loro privilegi; dall’altro lato i “diversi”, i poveri, con le loro condizioni di difficile sopravvivenza. È una esemplificazione della constatazione più generale che nella globalizzazione – al di là dei suoi indiscutibili vantaggi – i ricchi (paesi e individui) sono diventati sempre più ricchi e i poveri (paesi e individui) sono al più diventati un po’ meno poveri. La città “in un quarto d’ora”, la smart city e la blind city sono possibili grazie a uno sviluppo tecnologico incredibile. Il problema è che questo sviluppo tecnologico non sempre è stato seguito, indirizzato e gestito in modo da tener presenti i livelli fondamentali di pari dignità che dovrebbero esserci fra le persone. Abbiamo avuto una graduale evoluzione negativa della città che – accanto allo sviluppo tecnologico meraviglioso – ha però accumulato una serie di tensioni e di ingiustizie estremamente preoccupanti. Esse in questo momento se- gnano il livello dell’aumento delle diseguaglianze nella convivenza. Si pensi agli homeless , alle persone che non hanno una casa; riconosciamo loro il diritto al domicilio, ma il proble- ma è che non hanno un domicilio. Oppure abbiamo un’altra concezione della città che è altrettanto riduttiva: la città intesa come organizzazione, come realtà burocratica, come concentrazione di potere in lotta con altri poteri. Le città si espandono sempre di più, invocano poteri propri da contrapporre a quelli delle regioni, a quelli dello Stato, creando delle nuove realtà, delle nuove entità di tipo burocratico. Abbiamo un po’ perduto quello che dice la Costituzione la quale considera le città delle “formazioni sociali” in cui si forma e si sviluppa la personalità di ciascuno e di tutti. 100

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