Quaderni sulla sostenibilità

Incontri Quaderni sulla Sostenibilità La pandemia e poi la guerra (con il suo seguito di atrocità, di carestia legata anche all’in- quinamento, di coinvolgimento della popolazione civile) sono stati degli stress test formi- dabili purtroppo, per evidenziare accanto ai vantaggi i limiti dello sviluppo, per come lo stiamo vivendo su scala globale e locale. La necessità di evitare il contagio ha ridotto dra- sticamente le possibilità di relazioni “umane” di tipo tradizionale (si pensi al lockdown e agli esiti negativi della didattica a distanza e dell’ isolamento dei giovani, ragazze e ragaz- zi). L’efficacia degli strumenti di prevenzione (i vaccini) è stata contrastata su diversi pia- ni, anche ideologici; l’organizzazione sanitaria ha mostrato tutte le sue carenze, nonostan- te gli sforzi e l’impegno di solidarietà umana degli operatori sanitari. Le diseguaglianze per giovani, anziani, donne, detenuti, migranti, disoccupati e sottoccupati si sono moltiplica- te. A ciò si aggiunge la crisi energetica aggravata dalla guerra: sarà acqua versus petrolio il prossimo nostro destino? Infine, last but not least , la foresta e il bosco, un tempo emblemi della natura e dell’ambien- te, sono stati drasticamente inquinati, come l’agricoltura con le monocolture, l’allevamento (si pensi alle prospettive di cancellazione della biodiversità) e la conservazione del suolo. Frane, dissesti, alluvioni e ora scioglimento evidente dei ghiacciai hanno segnato il percor- so recentissimo e attuale del nostro pianeta. Hanno iniziato a renderci più consapevoli del rischio di un nuovo diluvio universale, anche se facciamo ben poco per evitarlo, oltre alle chiacchiere, ai progetti e alle illusioni. Ora si profilano nuovi rischi in un altro settore, essenziale per il nostro futuro quanto quello del rapporto fra l’uomo e la natura. Ma non sembra neppure iniziare ad esservi nel- la opinione pubblica e politica una eguale consapevolezza dei rischi di uno sviluppo incon- trollato, rapido e sorprendente del progresso tecnologico. La sostenibilità dello “sviluppo sostenibile” è condizionata dall’ammonimento di Ulisse ai sui compagni, all’inizio del viag- gio verso l’ignoto: “fatti non foste a viver come bruti, ma per seguire virtute e canoscen- za” (Divina Commedia, L’inferno, XXVI, 119-120). Un ammonimento che a sua volta rinvia al giardino dell’Eden e all’unico divieto posto in esso da Dio all’uomo: “… dell’albero della conoscenza del bene e del male non dovrai mangiare poiché nel giorno in cui tu ne man- gerai certamente dovrai morire”. Si è parlato recentemente di dare il Premio Nobel a un computer che ha delle capacità di calcolo impensabili per l’uomo. Si dice possa fare tutto o quasi, perché se si mettono insie- me l’algoritmo e questa potenza di calcolo senza limiti si ottiene quella che può diventare la nostra attuale civiltà, che qualcuno si ostina a chiamare civiltà delle macchine, nella spe- ranza (o nell’illusione) di superare il limite dell’umano. Credo che il termine civiltà delle macchine non sia accettabile, non sia ammissibile. Non riesco ad immaginare una civiltà delle macchine in contrapposizione con la civiltà dell’uo- mo. Ritengo (come molti altri) che le macchine siano strumenti utilissimi; ma penso (co- me pochi) anche che debba restare al centro la posizione della figura umana e la possibili- tà dell’individuo di divenire persona attraverso il rapporto con gli altri. 101

RkJQdWJsaXNoZXIy NDY5NjA=