Quaderni sulla sostenibilità
Quaderni sulla Sostenibilità Incontri 104 Nelle scienze del sistema Terra si sono cominciati a studiare i cosiddetti Tipping Points, quei fenomeni in cui la dimensione dell’intervento umano può creare una condizione di sor- passo di una soglia oltre la quale le società umane non sono in grado di reagire a causa dei devastanti effetti a cascata che ne derivano (una sorta di effetto domino). Le conoscenze che abbiamo sulle paleoclimatologie e le paleoecologie precedenti che hanno dimostra- to effetti simili in altri periodi geologici della storia della Terra, prima fra tutte la fusione dei ghiacci dell’Artico e dell’Antartico, non ci consentono di poter pensare che con tutte le tecnologie possibili e immaginabili dal punto di vista umano, possiamo porre rimedio agli effetti che si produrrebbero. Il nocciolo della questione si compone, a mio modesto parere, di una dimensione di con- sapevolezza di che cosa significa per gli esseri umani la consapevolezza di essere natura e della dimensione relativa a come si debba interpretare correttamente la sostenibilità nel quadro della complessità. Sostenibilità è complessità. La sostenibilità e la complessità non sono un “bla, bla, bla”, sono temi non riducibili a semplici logiche lineari causa - effetto. Vediamo di mettere insieme i vari pezzi che significano e che compongono il concetto di sostenibilità. La sostenibilità è complessità, quindi l’opposto della banalizzazione a cui è stata sottoposta, questo è il dramma che abbiamo di fronte a noi: la complessità non è ri- ducibile a bianco e nero. Ci aiuta a comprendere la complessità l’“Earth System Science”, la scienza che ci aiuta a concepire la Terra non come somma di componenti ma come un’affascinante rete di in- terazioni e retroazioni. Come comprendiamo il funzionamento del sistema climatico in un pianeta roccioso, come funziona l’interno di un pianeta roccioso, quale ruolo giocano gli organismi viventi nella dinamica planetaria, quali sono le straordinarie connessioni tra vita e non vita, ecc. Le conoscenze che abbiamo acquisito sulla tettonica a placche, sui terre- moti, sul vulcanesimo, sulle origini e sull’evoluzione del fenomeno vita, sono tutte caratte- rizzate dalle nostre capacità di considerare le connessioni tra i tanti elementi che agisco- no in queste dinamiche. Ma a proposito dei fenomeni complessi, è necessario anche chiederci: che ruolo ha avuto la vita sul nostro pianeta? Questa è una cosa incredibile, che stimolerebbe una incredibile quantità di riflessioni richiamando tutte le conoscenze che abbiamo sin qui acquisito e che sono fondamentali per comprendere che l’essenza della sostenibilità è la profonda consa- pevolezza che noi siamo natura. Basta provare a dare un’occhiata alla filogenesi della com- posizione del genoma umano. La vita sul nostro pianeta è nata circa 3,8 miliardi di anni fa. Sull’origine di questo straordi- nario fenomeno esiste ormai una letteratura scientifica ricca e affascinante e si sta ragio- nando sul ruolo che in questa avventura hanno potuto avere gli acidi nucleici che costitu- iscono i patrimoni genetici di ogni forma di vita come l’RNA o il DNA o addirittura i virus che, come è noto, non sono organismi viventi perché non sono capaci di autoriprodursi ma hanno bisogno di entrare in una cellula vivente per potersi riprodurre (eppure sono costi- tuiti da proteine e da acidi nucleici, altri elementi fondamentali della vita). Se noi osserviamo la composizione filogenetica del nostro genoma, ci rendiamo conto che abbiamo circa il 37% del nostro genoma che ha una derivazione batterica, con un 8% che è di derivazione addirittura virale. Ogni essere umano costituisce una serie di ecosistemi fondamentali per virus, batteri, archea (un altro incredibile dominio della vita costituito da straordinari microrganismi, molti dei quali capaci di vivere in condizioni estreme sulla Ter- ra e che sono ricercati nei corpi presenti nello spazio per capire se la vita non sia presente solo sul nostro pianeta) nonché funghi ecc.
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