Il futuro del lavoro - Atti del Convegno Nazionale di Bari (14 settembre 2024)

CONVEGNO NAZIONALE 2024 IL FUTURO DEL LAVORO Bari, 14 settembre 2024 Teatro Petruzzelli FEDERAZIONE NAZIONALE CAVALIERI DEL LAVORO

FEDERAZIONE NAZIONALE CAVALIERI DEL LAVORO CONVEGNO NAZIONALE 2024 IL FUTURO DEL LAVORO Bari, 14 settembre 2024 Teatro Petruzzelli

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1 SALUTI ISTITUZIONALI......................................................................... pag. 7 MESSAGGIO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SERGIO MATTARELLA CARLO PONTECORVO Presidente del Gruppo del Mezzogiorno dei Cavalieri del Lavoro MICHELE EMILIANO Presidente Regione Puglia VITO LECCESE Sindaco di Bari INTRODUZIONE AI LAVORI ................................................................ » 21 Coordina: FRANCESCO GIORGINO Professor of Practice di Comunicazione e Marketing, Università Luiss Guido Carli DOMENICO FAVUZZI Vice presidente del Gruppo del Mezzogiorno dei Cavalieri del Lavoro PRIMA SESSIONE: DEMOGRAFIA E LAVORO......................... » 29 ALESSANDRO ROSINA Professore Ordinario di Demografia e Statistica Sociale, Facoltà di Economia, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano ELENA GOITINI Amministratore delegato BNL e Responsabile BNP Paribas per l’Italia VINCENZO DIVELLA Amministratore delegato F. Divella OLGA URBANI Presidente Urbani Tartufi SECONDA SESSIONE: TECNOLOGIA E LAVORO ............... » 51 GIANLUIGI CASTELLI Associate professor of Practice di Information System, SDA Bocconi School of Management SARA BERNARDINI Professore ordinario di Intelligenza artificiale, Dipartimento di Computer Service, Università di Oxford e Dipartimento di Ingegneria Informatica, Automatica e Gestionale, Università di Roma “La Sapienza” 2 3 3 Indice 4

GIANFRANCO CAPUA Presidente Capua 1880 GABRIELE CLEMENTI Presidente El.En. MAURIZIO MARCHESINI Presidente Marchesini Group VITO PERTOSA Presidente Angel Company TERZA SESSIONE: FORMAZIONE E LAVORO .......... pag. 79 GIANFRANCO VIESTI Professore di Economia applicata, Università degli Studi di Bari “Aldo Moro” GIUSEPPE CASTAGNA Amministratore delegato Banco BPM FRANCESCO CUPERTINO Magnifico Rettore del Politecnico di Bari GIUSEPPINA DI FOGGIA Amministratore delegato e direttore generale Terna PIERINO PERSICO Presidente Persico GIANFELICE ROCCA Presidente Gruppo Techint INTERVENTI .................................................................................................... » 107 ANTONIO D’AMATO Presidente d’Onore della Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro e Presidente Gruppo Seda PADRE PAOLO BENANTI Presidente della Commissione sull’Intelligenza artificiale del Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri 5 6 4 Il futuro del lavoro

CONCLUSIONI ........................................................................................... pag. 123 MAURIZIO SELLA Presidente della Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro PROFILO RELATORI ............................................................................... » 133 GALLERIA FOTOGRAFICA ............................................................... » 143 Indice 5 7 8 9

SALUTI ISTITUZIONALI 1

9 1. Saluti istituzionali MESSAGGIO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SERGIO MATTARELLA Il lavoro, elemento fondamentale dell’ordinamento costituzionale, è una risorsa che la Repubblica tutela in tutte le sue forme ed applicazioni. Le continue evoluzioni a cui il mercato del lavoro è soggetto, richiamano istituzioni, società e mondo imprenditoriale ad adottare misure idonee a corrispondere ai principi di giustizia sociale e coesione, nel quadro dei cambiamenti derivanti dal diffuso impiego delle nuove tecnologie nelle molteplici filiere produttive. La persona è al centro del progresso sociale ed economico, e la formazione e l’elevazione professionale rimangono capisaldi per la sua realizzazione per contribuire a superare ogni forma di squilibrio e affermare una crescita sostenibile, equa ed inclusiva, in armonia con i principi stabiliti dal pilastro europeo dei diritti sociali e gli obiettivi contemplati dal relativo piano di azione. Nell’auspicio che il Convegno promosso dalla Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro offra approfonditi spunti di riflessione, rivolgo a tutti i presenti un saluto cordiale.

CARLO PONTECORVO Presidente del Gruppo del Mezzogiorno dei Cavalieri del Lavoro Buongiorno a tutti e benvenuti al Convegno Nazionale della Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro. Un saluto ed un ringraziamento particolare al presidente della Regione Puglia, Onorevole Michele Emiliano; al Sindaco della città di Bari, Vito Leccese; a S.E. il Prefetto Francesco Russo; al Vicario del Questore Aldo Fusco, a tutte le autorità presenti, religiose, civili e militari. Ringrazio il Sovrintendente del Teatro, Massimo Biscardi che ci ospita in questo luogo così spettacolare. Un saluto affettuoso al nostro Presidente Maurizio Sella e grazie a tutti voi per questa significativa partecipazione e presenza. Il tema di questo Convegno, il futuro del lavoro, declinato nei tre aspetti fondamentali, demografia, tecnologia e formazione, è di grande attualità ed è un argomento in un continuo divenire che pone le imprese di fronte a scelte strategiche di governance, espressione di un vero e proprio cambiamento culturale. Dico questo con riferimento alla mia storia, e forse a quella di molti di noi perché, nati in un mondo prevalentemente analogico, espressione della tecnologia corrente in un’epoca ormai vissuta, abbiamo saputo condurre le nostre aziende lungo la strada del progresso, confrontandoci con il mondo del lavoro in continuo cambiamento e che affronta oggi le sfide che sono al centro di questo Convegno. L’innovazione tecnologica, il progresso tecnologico, l’automazione, la robotica, la digitalizzazione, la stessa Intelligenza artificiale, hanno raggiunto livelli altissimi che richiedono competenze sempre più sofisticate che solo un’adeguata formazione può garantire. Una formazione che sappia guardare con attenzione ai giovani, giovani che sono la vera chiave di volta del futuro del lavoro. Giovani che, insieme alla migliore tecnologia, devono essere i protagonisti di un processo che consenta livelli di competitività e produttività più alti, in grado di garantire la crescita e lo sviluppo dell’Italia anche in una più ampia prospettiva europea. Il Mezzogiorno può e deve contribuire, che in questo momento mi sento immeritatamente di rappresentare qui da Bari, in Puglia, Mezzogiorno, un territorio 1. Saluti istituzionali 11

tanto fertile, quanto laborioso, con molte realtà importanti che ho avuto modo di conoscere e visitare. Mezzogiorno posto sulle rive di un mare che ci divide da un continente con un potenziale di ricchezza ancora da esprimere. Mezzogiorno che rivendica un ruolo ed una leadership per essere protagonista attivo di una strategia di crescita, con significative ricadute sul futuro del lavoro; ricadute, non solo di tipo occupazionale, ma che permetterebbe anche di invertire la tendenza al depauperamento demografico del Sud. Ma per fare ciò occorre anche una politica stabile che accompagni, in maniera concreta e pragmatica, il mondo dell’industria. Stabilità politica da cui non può essere esentata la stessa Europa. Aggiungo che ci vorrebbe un po’ di saggezza da parte di tutti. Voglio concludere esprimendo una certezza ed un augurio, che questo Convegno consolidi in noi la certezza che sarà il progresso a definire il futuro del lavoro, considerando che il benessere economico garantisce soprattutto la stabilità sociale. Questo è l’augurio che faccio a tutti noi, ma che non vada però assolutamente perso quel mondo di emozioni, passioni, ansie, gioie, a volte anche orgoglio, che sono il volto umano di chi fa impresa. Come ci ha ricordato il Presidente Sergio Mattarella nel suo messaggio, la persona è al centro del progresso sociale ed economico. Con questo auspicio, credo che questo sarà il modo di generare una ricchezza non solo economica, per il bene comune che andrà condiviso anche con i lavoratori. Grazie a tutti e buon lavoro. Il futuro del lavoro 12

MICHELE EMILIANO Presidente Regione Puglia Sono particolarmente emozionato per l’importanza di questo evento, volevo davvero ringraziarvi per avere scelto la Puglia, il Petruzzelli, la città di Bari. Saluto il Sindaco che guardo anche con grande emozione e affetto, so quanto sia emozionante e anche complesso il ruolo che sta cominciando a svolgere. Vorrei dirvi tante cose, ma non ne ho il tempo, però devo necessariamente fare un excursus di quanto è successo in questi anni in questa regione. Fino ai rilevamenti del 2022 la Puglia ha avuto un trend di crescita del Pil che è stato il doppio di quello dell’Italia. Credo che la gran parte del merito di questo risultato sia nelle famiglie, nelle aziende, nelle persone, che sono oggi qui rappresentate. La prima cosa che devo dirvi è di esprimere la gratitudine delle istituzioni della Regione Puglia per lo sforzo che è stato fatto in momenti terribili. Il tessuto economico che stava crescendo molto bene prima del Covid, ovviamente ha reagito con positività, abbiamo messo a punto misure condivise. Voglio dire a tutti i Cavalieri del Lavoro d’Italia che noi abbiamo un meccanismo di consultazione permanente tra l’economia e la politica e che i rapporti sono equilibrati e, ovviamente, improntati al superamento collettivo delle insidie. Non abbiamo superato l’insidia dell’attesa del Fondo di Sviluppo e Coesione, non so quante aziende oggi rappresentate dai Cavalieri del Lavoro, stiano aspettando (sono circa settemila in Puglia) i soldi della coesione nazionale che si devono accompagnare a quelli della coesione europea. È un gran peccato perché, settemila imprese da due anni e mezzo aspettano soldi per spingere ancora questa crescita economica e temo possano essersi scoraggiate o orientarsi da qualche altra parte. Altra cosa da dirvi, ma veramente in punta di piedi, è di riflettere e di esprimervi un pensiero, ovviamente a titolo personale, perché i Cavalieri del Lavoro devono mantenere una loro inevitabile neutralità politica. Sono molto spaventato dall’idea 1. Saluti istituzionali 13

che ciascuna regione possa complicarvi la vita legiferando a modo suo, addirittura in 23 materie, tra le quali l’energia, la scuola, la sanità, senza possibilità di un coordinamento che consenta alle vostre aziende di rispettare più o meno le stesse regole in tutte le venti regioni italiane. Se, ma non spetta a me dirlo, si devono dare più poteri alle regioni, questo può anche andare bene, ma lo si può fare tranquillamente persino con un’intesa unica, identica per tutte le regioni, che consenta decisioni equilibrate. Ma soprattutto non metta a rischio un principio fondamentale, che la cassa fondamentale è quella nazionale e quando c’è bisogno di un intervento straordinario, per una qualunque ragione, che la politica e il parlamento individuerà, sia possibile trovarla quella cassa perché se tu la sposti sulla filiale e poi per riprenderla al centro per fare una diversa strategia ci metti come minimo due anni, hai fatto semplicemente una stupidaggine, perché hai perso il controllo del sistema al quale sei preposto. Vi prego, quindi, di riflettere su questo passaggio e di fare in modo che il futuro abbia dei connotati di certezza, di eguaglianza, di possibilità del Mezzogiorno, come dice il presidente Pontecorvo, che ringrazio per il suo sentimento di sostegno al Mezzogiorno, per cui si possa entrare ancora di più in campo a sostegno dell’Italia perché noi ci sentiamo italiani, il Mezzogiorno è in grado di fare cose straordinarie. La stessa emozione che abbiamo vissuto in questi venti anni, ci siamo messi lavorare in un gruppo di amici, più che di politici, perché questo lo sa chi è qui presente, c’è stata una presa di posizione da parte delle persone, non tanto delle forze politiche. Questo Teatro bellissimo sembra dell’800 ma in realtà fu costruito nei primi del ‘900, era già “una trasposizione”, è stato realizzato in meno di un anno, dopo l’incendio abbiamo cominciato un lavoro di rinascita nel 2008, dal lavoro dei pugliesi, sia dal punto di vista tecnologico, che del recupero della sua immagine originaria. Esattamente quanto lei diceva, presidente Pontecorvo, cioè tenere insieme con le nuove tecnologie, con la passione, addirittura con ansia come lei ha detto. È po’ tossica come dichiarazione, avere bisogno delle ansie, ma la capisco, perché quando quell’ansia scende, anche io sono più preoccupato di quando l’ansia è elevata. Nel ringraziarvi e mettermi a vostra disposizione, noi siamo veramente grati al siIl futuro del lavoro 14

stema d’impresa della Puglia, del Mezzogiorno e d’Italia, per lo sforzo che fate anche di lavorare in questa confusione politica continua, dove il marketing delle forze politiche è spesso sconnesso da quello che farete oggi, cioè, la traccia della roadmap che, probabilmente, sarà realizzata perché questa vostra capacità di dettarci gli spunti è indispensabile. Non si può immaginare un percorso politico, economico, senza avere una stretta connessione con gli operatori economici e la vostra autorevolezza ci aiuterà a percorrere questa strada. Buon lavoro davvero e buona giornata. 1. Saluti istituzionali 15

VITO LECCESE Sindaco di Bari Anzitutto non vi nascondo la mia emozione, il presidente Pontecorvo nella sua relazione introduttiva ha parlato delle ansie, delle emozioni e delle passioni che vivono gli imprenditori, ma non le nascondo che lo stesso stato d’animo è anche quello di un sindaco, soprattutto nella fase di start-up del suo mandato. La città è il luogo della complessità, dove si sperimentano le possibilità di governo delle complessità. Del resto, lei ha fatto un richiamo anche alla saggezza, lo stesso richiamo che quotidianamente faccio io, soprattutto, non tanto ai miei cittadini, quanto ai miei stakeholders politici. In questo momento ci vuole veramente tanta saggezza per amministrare la complessità di una città, ma anche dell’intero Paese. Vi do il benvenuto in questa splendida cornice, come è stato ricordato da Francesco Giorgino che saluto con grande affetto, e al presidente Emiliano, perché questo Teatro rappresenta il vero senso dell’incontro che avete organizzato per oggi, l’impegno, l’intraprendenza di chi, agli inizi del ‘900 in questa città, faceva impresa. All’epoca l’impresa più importante era il commercio. Questo è un Teatro realizzato grazie all’impegno e all’intraprendenza degli imprenditori, nasce come un teatro privato, borghese, il più grande e più importante d’Europa, dopo gli anni bui scaturiti dall’incendio del 1991, grazie alla caparbietà, alla testardaggine degli amministratori locali che hanno ingaggiato un lunghissimo contenzioso con lo Stato, per fare in modo che il teatro fosse restituito alla fruizione dei cittadini. Uno degli interpreti dei sentimenti della città in quegli anni è stato proprio il presidente Emiliano che all’epoca era sindaco di questa città. Oggi finalmente, dopo gli anni bui che sono succeduti alla vicenda dell’incendio, il teatro finalmente ha riacquistato una propria reputazione, anche molto importante in termini di produzioni sul piano nazionale e internazionale. Il merito va ascritto al management della Fondazione, al Maestro Viscardi, alle maestranze che vi lavorano. 1. Saluti istituzionali 17

Vi do il benvenuto in questo Teatro, nella città di Bari, che si distingue dallo stereotipo delle città del Sud, perché è molto dinamica, attiva, una città che nel corso di questi anni è riuscita ad interpretare le tre dimensioni di Sant’Agostino, ricordate da Francesco Giorgino, perché ha parlato sempre di presente e di futuro, senza mai dimenticare il passato. Sono particolarmente orgoglioso di ricevervi e darvi il benvenuto in questa città, anche perché i temi su cui oggi ci confronteremo, sono di grande attualità e riguardano le sfide già in atto per il rilancio economico e sociale del nostro Paese. Come ricordava il Presidente Mattarella nel suo messaggio, l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro, che riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. È scritto nei primi articoli della nostra Carta Costituzionale. La vostra presenza qui oggi va esattamente nella direzione indicata dalla nostra Carta valoriale, per riconoscere piena dignità ad ogni individuo e consentire che ciascuno possa, attraverso il lavoro, concorrere al progresso materiale o spirituale della società. In un contesto come quello attuale, sempre più liquido, per utilizzare i termini di Bauman, e variegato, parlare del futuro del lavoro significa inevitabilmente parlare di nuove tecnologie e di come queste stiano trasformando in modo irreversibile anche le vecchie professioni. Un fenomeno dirompente in un Paese come il nostro, segnato da un tasso di natalità drammaticamente basso e da un’età media tra le più alte dell’Unione Europea. Per questo noi tutti abbiamo il dovere di comprendere in quale modo utilizzare, sfruttare queste profonde innovazioni per creare nuove opportunità di lavoro e di crescita, ascoltando le testimonianze di chi già opera con successo in questo campo e studiando il mercato del lavoro e le fibrillazioni che lo attraversano. Un percorso che non può prescindere da una formazione costante, un orientamento avanzato, un dialogo sempre più virtuoso tra mondo del sapere, della formazione, del lavoro. Quello che in questi ultimi anni noi abbiamo cercato di realizzare, attraverso delle forme sinergiche di iniziative, di attività, di riflessioni, Il futuro del lavoro 18

con le università del nostro territorio, con l’Università Aldo Moro, con il Politecnico di Bari. Un lavoro eccellente che negli ultimi anni ha portato a far sì che la città di Bari diventasse non solo più attrattiva sul piano turistico, ma anche sul piano degli investimenti. Pensate che negli ultimi due anni ben quindici aziende del settore del Big Data hanno deciso di investire nella nostra città. Per un boomer come me non era mai accaduto di vedere le imprese in difficoltà nel reclutamento dei giovani, dei dipendenti, perché oggi il nostro problema è far sì che queste aziende possano avere la possibilità di reclutare sul territorio. Quando parlavo della complessità delle città, mi riferivo soprattutto alla complessità che attualmente Bari sta vivendo, perché all’appeal turistico dobbiamo aggiungere l’appeal dell’attrazione negli investimenti. Occorre addizionare altresì il fatto che entrambi i fenomeni non siamo riusciti a governarli perché sono esplosi in tempi molto brevi e ci troviamo a vivere il problema degli alloggi, della casa, perché, anche coloro che vengono a lavorare o che decidono di rimanere qui a Bari, perché hanno nuove occasioni di lavoro, non trovano un alloggio poiché gran parte del nostro patrimonio immobiliare è privato, viene utilizzato per locazioni brevi, per B&B, o per case vacanza. Quindi, l’amministratore pubblico, il Comune, l’istituzione di prossimità, di vicinato, deve tentare di governare tutta questa complessità. Ovviamente questo potrà essere fatto, ed è l’arduo mestiere del sindaco, soprattutto se c’è una comunanza di sentimenti, di obiettivi. Allora, solo facendo squadra, tutti insieme, anche con il mondo delle imprese locali, che devo dire in questi ultimi anni sono state molto vicine all’istituzione comunale, potremo affrontare le sfide del futuro. Vi ringrazio, rinnovo il benvenuto a Bari e grazie a tutti coloro, gli imprenditori, i Cavalieri del Lavoro, che si sono impegnati per la realizzazione di questo momento straordinario. 1. Saluti istituzionali 19

INTRODUZIONE AI LAVORI 2

FRANCESCO GIORGINO Professor of Practice di Comunicazione e Marketing, Università Luiss Guido Carli Buongiorno a tutti e benvenuti al Convegno Nazionale della Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro sul tema: “Il Futuro del Lavoro”. In questa splendida cornice, che è il Teatro Petruzzelli, simbolo a livello nazionale e internazionale della cultura, in quanto universo di conoscenze conoscibili, affronteremo un tema che è centrale nella vita delle persone e delle organizzazioni, il lavoro. Parola che verrà coniugata con un altro termine dalla portata e dalla capienza semantica enorme, la parola futuro. L’idea del lavoro rappresenta l’architrave della società contemporanea che, non dimentichiamolo, è frutto del passaggio dalla società agricola alla società industriale e, dalla società industriale alla società post industriale. Oggi rifletteremo su quali lavori saranno protagonisti in futuro, che cosa del presente sta condizionando la progettazione dei futuri possibili, ma anche dei futuri probabili. Sant’Agostino diceva che i tre tempi dell’esperienza umana si saldano continuamente e spiegava che esiste il presente del passato, le nostre radici, la nostra tradizione; il presente del presente che è la consapevolezza dei problemi che si affrontano nel tempo in cui viviamo; il presente del futuro che è la capacità progettuale. Abbiamo scelto tre angoli di osservazione di questo intreccio tra il lavoro e il futuro, tre approcci anche dal punto di vista metodologico diversi, se volete. Il primo approccio è quello che ci consentirà di fare il punto sulla relazione esistente tra il lavoro e la demografia. Cresce l’età media degli italiani, nel frattempo si fanno sempre meno figli, come vedremo nel dettaglio, e in questo primo nucleo tematico rientra anche la questione del lavoro femminile, del lavoro giovanile in Italia e all’estero, e dell’esito di determinate politiche migratorie. Il secondo approccio è quello relativo al rapporto tra lavoro, mondo imprenditoriale e mondo produttivo, e tecnologia, quindi innovazione, con particolare riferimento al ruolo dell’Intelligenza artificiale. 2. Introduzione ai lavori 23

Infine, il terzo ed ultimo approccio è relativo al rapporto tra il lavoro e la formazione che non può non essere continua ma anche flessibile essendo una leva principale per la valorizzazione del capitale umano. Una Conferenza Nazionale come questa, anche per l’articolazione dei diversi momenti, per la complessità dell’intreccio che si svilupperà tra le tre sessioni, ha avuto bisogno di un lungo lavoro di preparazione. Una delle persone che hanno contribuito moltissimo alla realizzazione di questa iniziativa è Domenico Favuzzi, Cavaliere del Lavoro, vice presidente del Gruppo del Mezzogiorno dei Cavalieri del Lavoro, nonché presidente e amministratore delegato di Exprivia. Domenico, a te che tra l’altro hai anche seguito tutti i workshop preparatori di questa Conferenza Nazionale, il compito di farci entrare ancora un po’ più nel vivo delle tre sessioni di questa mattina. DOMENICO FAVUZZI Vice Presidente del Gruppo del Mezzogiorno dei Cavalieri del Lavoro Mi rivolgo a tutti voi Cavalieri del Lavoro, illustri ospiti, cari amici presenti in questa sala, è con grande onore che ospitiamo oggi questo Convegno in un momento cruciale per il futuro del lavoro e delle tecnologie. Voglio ringraziare il Presidente della Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro, Maurizio Sella, Carlo Pontecorvo presidente del Gruppo Mezzogiorno, per aver voluto realizzare questo evento in Puglia, che come tutti sapete è una terra ecumenica, è un ponte di pace e di innovazione sociale. Soprattutto do il benvenuto a tutti voi da parte dei Cavalieri pugliesi che sono molto orgogliosi di ospitare il nostro incontro. Questa regione, con la sua ricca storia e la sua cultura è da sempre un luogo di civiltà, dove le tradizioni si incontrano e si fondano con l’innovazione e con il progresso. Quindi il contesto ideale a nostro avviso per riflettere insieme sulle sfide e le opportunità che il futuro del lavoro ci riserva. Il lavoro come attività fondamentale per la realizzazione degli individui, il sostegno delle famiglie e delle comunità, è al centro del nostro dibattito oggi. Più che mai dobbiamo riflettere sulle Il futuro del lavoro 24

sue trasformazioni nell’era dell’Intelligenza artificiale e di tutte le tecnologie nuove, emergenti, che si stanno accumulando una con l’altra. Hanna Arendt, nel suo saggio “Vita Activa”, ci ricorda che il lavoro è l’attività che corrisponde al processo biologico del corpo umano il cui ritmo è imposto dai bisogni della vita stessa. Richard Sennet nel suo libro “L’uomo artigiano”, parla dell’abilità dell’artigiano di trovare significato nel suo lavoro, di creare qualcosa di valore e di qualità. Questi pensatori ci offrono una prospettiva che ci aiuta a capire meglio l’importanza del lavoro non solo come mezzo di sussistenza, ma come un’attività che conferisce dignità e significato alla nostra esistenza. L’innovazione è il motore che guida la nostra società verso il futuro, le nuove tecnologie, dall’Intelligenza artificiale, alla robotica, stanno ridisegnando il mondo del lavoro. Non dobbiamo temere queste trasformazioni, piuttosto abbracciarle e guidarle. La storia ci insegna che il progresso tecnologico ha sempre creato nuove opportunità anche se, nel frattempo, ha reso obsolete alcune professioni. Sempre come sottolinea Sennet, è attraverso il continuo apprendimento e l’adattamento che possiamo trarre il massimo beneficio da queste innovazioni. In questo contesto di trasformazione le tecnologie emergenti giocano un ruolo fondamentale, l’Intelligenza artificiale generativa sta rivoluzionando settori come la creatività e intervenendo nell’automazione dei processi aziendali, ma direi anche quelli sociali. I computer quantistici promettono di risolvere problemi complessi in tempi impensabili con i computer tradizionali, la connessione globale sarà potenziata dalla tecnologia del 6G che offrirà velocità e capacità di rete senza precedenti. Nel campo delle nuove energie, il carburante sostenibile, chiamato SAF, adottato nel campo dell’aviazione, rappresenta un passo cruciale verso la riduzione delle emissioni di carbonio. L’ingegneria del microbioma, i fagi bioingegnerizzati, aprono nuove frontiere nella medicina e nell’agricoltura. I sensori vegetali indossabili possono monitorare la salute delle piante in tempo reale, mentre in campo sanitario le omiche spaziali ci permettono di usare l’impatto dello spazio sulla salute umana, aprendo nuove prospettive per la medicina personalizzata. 2. Introduzione ai lavori 25

Infine, le interfaccia cervello-macchina, stanno spingendo i confini della nostra interazione con la tecnologia, permettendo di incontrare i dispositivi con il pensiero e aprendo nuove possibilità per la riabilitazione e per l’inclusione. Tuttavia, non possiamo dimenticare l’uomo che lavora. Le macchine possono supportarci in molte delle nostre mansioni, potranno aiutarci nel migliorare la creatività, l’empatia, la capacità di risolvere problemi complessi che sono stati fino ad oggi appannaggio dell’uomo. Ma per competere abbiamo bisogno concretamente di far crescere il nostro capitale umano, incrementando le competenze delle nostre popolazioni aziendali, con politiche di maggiore attrazione verso le donne, verso i giovani, verso i migranti, attraverso una formazione continua che, intrecciandosi con l’innovazione, modella il futuro del lavoro. Oggi il legame tra innovazione e formazione è indissolubile per governare i cambiamenti in atto nella nostra società. Il lavoro in una parola chiara che si profonde nella nostra cultura, deriva dal latino labor, che significa fatica, sforzo. Oggi questa parola assume significati diversi a seconda del contesto in cui viene utilizzata, può rappresentare una fonte di realizzazione personale, un mezzo per guadagnarsi da vivere, un modo per contribuire alla società. Ma che cosa significherà domani? In un futuro dominato dalla tecnologia, il lavoro assumerà nuove forme che oggi possiamo immaginare solo in parte. Una cosa rimarrà sempre costante, il lavoro continuerà ad essere una componente essenziale della dignità umana. Un lavoro sicuramente trasformato da quello che vediamo oggi. Dobbiamo abituarci a vivere epoche di rapidi cambiamenti tecnologici ed imparare a convivere con le macchine per governarle, perché è nostro dovere assicurare che ogni uomo sia trattato con rispetto e che il lavoro rimanga fonte di dignità e non di sfruttamento. Chi meglio di noi Cavalieri del Lavoro può contribuire a guidare questi processi. Concludo con una riflessione di Aristotele che ci ricorda: il piacere nel lavoro aggiunge perfezione al compito che svolgiamo. Dobbiamo lavorare affinché le future generazioni possano trovare piacere e realizzazione nel proprio lavoro, nonostante le sfide e le trasformazioni che ci attendono. Il futuro del lavoro 26

Vi ringrazio per la vostra attenzione e vi auguro un Convegno ricco di stimoli e di riflessioni. FRANCESCO GIORGINO Grazie a Domenico Favuzzi, anche per averci ulteriormente aiutato a comprendere il perimetro semantico della parola lavoro e l’esigenza di definirne il significato in relazione ai contesti socio-culturali e tecnologici nei quali questa parola viene diversamente calata. 2. Introduzione ai lavori 27

PRIMA SESSIONE: DEMOGRAFIA E LAVORO 3

FRANCESCO GIORGINO Professor of Practice di Comunicazione e Marketing, Università Luiss Guido Carli Keynote speaker di questa prima sessione è il professor Alessandro Rosina, Ordinario di Demografia e di Statistica Sociale alla Facoltà di Economia dell’Università Cattolica di Milano. Chiedo al professor Rosina di spiegarci, come egli sa fare molto bene, perché è un grande divulgatore di questi concetti anche attraverso i mezzi di comunicazione di massa, in quali condizioni ci troviamo noi come Paese, rispetto al resto del mondo. Se possibile, anche tracciare alcune delle possibili soluzioni per invertire la rotta. ALESSANDRO ROSINA Professore Ordinario di Demografia e Statistica Sociale, Facoltà di Economia, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano Sicuramente la demografia comincia ad essere finalmente un tema centrale, considerato imprescindibile, di come noi guardiamo il futuro e come vogliamo costruirlo in maniera solida. Quindi, declinare il termine demografia con futuro e lavoro diventa fondamentale, sarà un tema di cui il Sistema Paese parlerà e continuerà a confrontarsi sempre di più nei prossimi anni. È opportuno metterlo al centro. Sono tre i motivi che fanno capire l’importanza della demografia come lente di interpretazione del mondo che cambia. Il primo motivo è il fatto che la demografia inserisce le trasformazioni e i cambiamenti all’interno di un’ottica di medio-lungo periodo; quindi, ci aiuta ad alzare lo sguardo dal presente e vedere quali sono le radici che stanno alla base della trasformazione in corso e anche quali sono gli scenari futuri verso cui andiamo incontro. Tra l’altro, la demografia è una delle discipline che maggiormente ha potere informativo sul nostro futuro, non tenerne conto quindi ci limita nella possibilità di costruire in senso positivo. Faccio un esempio, se chiedete ad un economista quanto sarà il Pil in Italia nel 2050, non è in grado di rispondere, non ci sono elementi solidi per poter dare 3. Prima sessione: demografia e lavoro 31

una stima affidabile, ma se chiedete ad un demografo quanto sarà la percentuale di popolazione over 65 nel 2050, è in grado di dirvelo. Gli scenari demografici sono solidi, quindi vuol dire che noi abbiamo l’infrastruttura della popolazione, che possiamo già da oggi proiettare in maniera solida nel futuro, attorno alla quale costruire il vestito sociale ed economico più adatto e che funziona di più rispetto alla nostra capacità di produrre benessere e sviluppo. Il primo elemento è questo sguardo che si amplia e si solleva dal presente. Il secondo elemento. Al centro del cambiamento del mondo in cui viviamo c’è il rinnovo generazionale. La demografia mette al centro del cambiamento proprio il ricambio generazionale quindi questa capacità di mettere in relazione positiva le generazioni che già ci sono, la loro esperienza, la capacità di trasmetterla a quelle successive e di dotarle di strumenti adeguati, di competenze, perché interpretino come protagonisti del proprio tempo e producano benessere nel territorio in cui vivono. Se funzionano questi meccanismi, si va verso un futuro migliore, se non funzionano le nuove generazioni si trovano ad essere sempre di meno, sempre più ai margini, a demotivarsi e arrendersi. Il terzo elemento, è che la demografia si occupa di temi specificamente di interesse dei nostri tempi, in questo senso almeno, li riassumo in cinque “i”, quelle che sono le sfide da cui dipende la capacità di costruire un futuro migliore e che riguardano i tempi in cui viviamo. Due sono strettamente demografiche: l’invecchiamento della popolazione, l’immigrazione; le altre sono comunque collegate: l’innovazione tecnologica, l’impatto ambientale, quindi l’istruzione. La formazione delle nuove generazioni, la formazione continua e della costruzione, quindi una capacità di avere e aggiornare competenze solide sulla lunga vita attiva. Tra l’altro, l’importanza della demografia la troviamo testimoniata in quella che è forse l’opera principale della letteratura, della cultura del nostro Paese, la Divina Commedia. Come inizia? Nel mezzo del cammin di nostra vita. Era un indicatore demografico, era aspettativa di vita. Dante, quando ha iniziato a scrivere la Divina Commedia aveva meno di 35 anni, ciò vuol dire che l’idea di una vita che al massimo arrivasse a 70 anni, se andava bene, tra l’altro Dante muore a 56 anni, era l’idea di come è sempre stata strutturata la società, le condizioni delle persone nel passato. Il futuro del lavoro 32

Tutto questo è cambiato, per noi oggi arrivare a 70 anni è assolutamente la normalità, come arrivare ad 80 anni, poi sarà arrivare a 90 e oltre. Perché è iniziato un grande cambiamento, da tempo, i cui frutti e le sfide le stiamo vivendo adesso, che è quello della transizione demografica. Che cosa ha fatto la transizione demografica? Ha attivato un processo che evolve con due gambe, la prima è stata quella della riduzione dei rischi di morte, in passato era elevata la mortalità infantile, rimaneva elevata in tutte le fasi della vita e, quindi, nascevano tanti bambini, ma poche persone arrivavano all’età dei genitori, o in età anziana. Quindi c’è una piramide demografica con tanti giovani e pochi anziani. Uno degli aspetti di questo processo della transizione demografica è aver abbattuto e sconfitto la morte prematura, oggi un bambino che nasce in Italia ha elevatissima probabilità, quasi pari a uno, di arrivare all’età dei genitori, di andare oltre, all’età dei nonni e vivere più a lungo. Questo è il primo cambiamento che produce l’aumento della possibilità di arrivare, non solo all’età tradizionale anziana in maniera estesa, ampia, diventare normale arrivare in età anziana, ma anche allungare le fasi della vita nell’età più matura, ciò porta a questa struttura demografica la quale fa sì che il vertice che prima era stretto, è andato ad allargarsi sempre di più. L’altra gamba della transizione demografica è quella della riduzione della natalità. In passato bisognava che ci fosse una popolazione, una natalità pari a cinque figli per donna, perché almeno due arrivassero all’età dei genitori. Quindi, l’equilibrio nel rapporto tra generazioni aveva bisogno di un’alta natalità perché almeno due figli arrivassero a sostituire in media i due genitori. Il fatto che abbiamo sconfitto, attraverso la transizione demografica, la morte prematura, fa sì che adesso bastano due figli alla nascita perché arrivino a sostituire i due genitori, quindi è diminuita anche la natalità. Qual è la configurazione verso cui la rappresentazione demografica va a cambiare la struttura della popolazione? Un vertice che si è ampliato e una base che si è ristretta, per cui noi stiamo andando verso una società fatta in questo modo. Però ci sono due imprevisti all’interno di questo processo, che oggi sperimentiamo, ne siamo consapevoli e producono i loro maggiori indicatori. 3. Prima sessione: demografia e lavoro 33

Primo, la longevità non si è fermata, quando noi abbiamo sconfitto la morte in età prematura, non lo abbiamo fatto solo in età infantile, giovanile, adulta, fino ad arrivare in età anziana, ma la longevità continua e sta guadagnando età della vita in più che prima non c’era. Non c’è un punto di arrivo, quindi vuol dire che stiamo entrando nella società della longevità, cioè, una società che deve attrezzarsi, un processo in cui si vivrà sempre più a lungo e bisogna fare in modo che sia sostenibile e che ci siano condizioni di benessere sociale ed economico, sia le condizioni di vita delle persone, sia a livello sociale, che sostenga questo allargamento delle fasi della vita che si ampliano nell’età sempre più avanzata. Secondo imprevisto. La fecondità anziché stabilizzarsi attorno ai due figli per donna, il livello di equilibrio, in tutti i paesi che sono arrivati alla fine della transizione è andata sotto i due figli per famiglia. Non c’è nessun paese che, alla fine della transizione, si sia stabilizzata attorno a due, si va tutti sotto. Questo vuol dire che non solo la punta si alza sempre di più perché la longevità fa vivere sempre più a lungo, ma la base anziché rimanere solida, almeno attorno ai due figli per donna, va a restringersi sempre di più, cioè, ogni nuova generazione è di meno rispetto a quelle precedenti. Diventa, quindi, complicato gestire una struttura della popolazione che abbia queste condizioni, perché se aumenta la popolazione anziana, aumenta la necessità di dare pensioni dignitose e, quindi, anche cura e assistenza, soprattutto nell’età più avanzata. Questo però è possibile se si mantiene la popolazione in età lavorativa solida, ma se nel contempo si riduce anche la forza lavoro potenziale perché si riduce la natalità, va ad erodere progressivamente, sempre di più, le nuove generazioni e ci si trova, appunto, in una situazione che diventa problematica perché aumenta la spesa da un lato e diminuisce la capacità di produrre ricchezza, di finanziare e rendere sostenibile il sistema di welfare dall’altro. Questo vuol dire che c’è una sfida comune che hanno tutte le economie mature avanzate, quella della società della longevità. Se noi ci confrontiamo con gli Stati Uniti, la Svezia, la Francia, con la Germania, tutte si trovano ad avere quantità di vite in più che va trasformata in qualità di vita dell’età più matura. Questo è trasversale e riguarda anche l’Italia. Il futuro del lavoro 34

La vera differenza, però, è quello che succede sulla base della struttura demografica, cioè, ci sono alcuni paesi che hanno fatto in modo che la natalità non si riducesse troppo, quindi hanno agito meglio in difesa, hanno fatto in modo di non scendere troppo sotto il numero di figli per donna, ovunque siano sotto due. La Svezia e la Francia, ma anche altri paesi, hanno una fecondità, sì, sotto due figli per donna, ma comunque 1,7-1,8-1,6 compensabile nel rapporto fra generazioni anche con flussi migratori da un lato, natalità non troppo bassa dall’altro, popolazioni in età lavorativa che rimane solida. È interessante la Francia, se guardate quanti sono i cinquantenni, più o meno quanto i quarantenni; i trentenni sono più o meno quanto i quarantenni e i cinquantenni, i ventenni sono più o meno quanto i trentenni, i bambini di dieci anni sono più o meno della stessa quantità. Vuol dire che via via che andranno avanti nei prossimi decenni, avranno un afflusso di popolazione in età lavorativa che rimane solido; quindi, possono anche investire sulla qualità della lunga vita attiva perché, comunque, la base lavorativa rimane consistente. Questo è lavorare in difesa, cioè fare in modo che la natalità non scenda troppo sotto e, quanto meno, mantenere una base stabile che dia solidità alla popolazione, poi si lavora in attacco, questo compensa la perdita del dividendo demografico, la situazione in cui la popolazione in età lavorativa rischia di indebolirsi. Quindi, se la natalità è troppo bassa si indebolisce eccessivamente, ma se si investe sulle opportunità dei giovani, si rafforza la loro presenza nell’offerta di lavoro, si rafforza l’occupazione femminile, si agisce sull’immigrazione, si favorisce la lunga vita attiva, oltre a fare in modo che la popolazione in età lavorativa non si riduca, si rende anche più efficiente la popolazione in età da lavoro. Appunto, si fa in modo che la partecipazione sia solida e qualificata, con formazione adeguata, avanzata e con l’uso delle nuove tecnologie. Intervenire in difesa e in attacco, quindi, diventa fondamentale per poter fare in modo che nei processi di cambiamento di questo secolo la demografia non sia una eccessiva penalizzazione anche nel confronto con i paesi con cui ci raffrontiamo. L’Italia, purtroppo, è debole sia in attacco che in difesa, la situazione è questa. Noi abbiamo una natalità più bassa e una maggiore riduzione della popolazione in età lavorativa, rispetto alla media europea. Se abbiamo detto che la Francia ha un nu3. Prima sessione: demografia e lavoro 35

mero di trentenni equivalente ai cinquantenni, quindi, più o meno nei prossimi decenni la popolazione in età lavorativa rimane solida a fronte di una popolazione anziana che cresce, sapete quanti sono oggi i trentenni in Italia? Sono un terzo in meno rispetto ai cinquantenni. Ciò vuol che noi stiamo andando non solo verso una natalità che si riduce, ma proprio verso uno svuotamento inedito rispetto al passato, quando invece abbiamo sempre avuto la consistenza di popolazione in età lavorativa, stiamo andando a perdere questa consistenza, addirittura di un terzo, questa parità è maggiore rispetto agli altri paesi. Quindi, a parità di popolazione anziana e di spesa verso la popolazione anziana, comune a quello che dovrà affrontare come sfida negli altri paesi, avremo una maggiore riduzione della popolazione in età attiva lavorativa, addirittura un terzo, in prospettiva, che quindi diventa un problema per riuscire a sostenere la crescita economica e sostenibilità anche del sistema di welfare, del sistema sociale. Non solo abbiamo una maggiore riduzione quantitativa, cioè abbiamo agito meno in difesa in modo che la natalità non scendesse troppo, ma abbiamo agito meno anche in attacco, noi ci troviamo con una natalità troppo bassa che produce quel processo di degiovanimento che riduce la consistenza quantitativa delle nuove generazioni, quindi la popolazione in età lavorativa. Ma non abbiamo migliorato la condizione occupazionale dei giovani, siamo il Paese con il più basso tasso di occupazione giovanile, non solo, ma abbiamo anche la più alta percentuale di giovani che non studiano e non lavorano, quindi, non li utilizziamo. Ma ne perdiamo anche di più perché rispetto agli altri paesi con cui ci confrontiamo, c’è un maggior flusso di giovani qualificati che si spostano e vanno verso la Francia, la Germania, o altri paesi. Abbiamo meno giovani, li rendiamo meno occupati, li valorizziamo di meno, ne perdiamo di più. Anche sull’occupazione femminile noi abbiamo i livelli più bassi d’Europa, abbiamo un divario di genere che non ha confronto con gli altri paesi, è di 19 punti percentuali, il divario fra occupazione femminile e maschile, è il doppio rispetto al gap medio europeo ed è quattro volte il divario di genere che c’è nei paesi scandinavi. Allora, abbiamo meno popolazione in età lavorativa? Valorizziamo il contributo attivo dei giovani e delle donne visto che li abbiamo inutilizzati finora, dovremo ulteriormente e meglio valorizzarli. Il futuro del lavoro 36

Domanda: quindi, come facciamo a mettere assieme tutto questo? Tutto questo si integra positivamente assieme perché se noi investiamo sulle opportunità dei giovani, sulla possibilità di avere un affitto, di entrare nel mondo del lavoro, di essere ben pagati, formeranno una famiglia ed avranno figli e aumenteranno la natalità con un effetto immediato sull’occupazione, più giovani, effetto di breve periodo. Effetto di medio periodo, avranno una famiglia, avranno figli, quindi natalità che cresce. Lo stesso vale per l’occupazione femminile, se la miglioriamo e la combiniamo con politiche di conciliazione tra lavoro e famiglia, avremo nell’immediato il rafforzamento della forza lavoro potenziale perché partecipano più donne al mondo del lavoro. Dall’altro, la conciliazione fra tutti i paesi d’Europa fa sì che aumenti sia l’occupazione femminile che la natalità. Attualmente in Europa, tra l’altro, oltre all’occupazione femminile, è più alta anche la natalità, appunto in presenza delle politiche di conciliazione, i congedi di paternità e maternità, il part-time reversibile, ecc. Queste cose si tengono assieme. Lo stesso vale per l’immigrazione regolare, inclusiva, che può dare una risposta immediata, integrata adeguatamente, fa sì che appunto arrivi manodopera di cui le aziende hanno crescente bisogno perché si sta riducendo la forza lavoro, molti settori si trovano in difficoltà, ma con politiche generazionali e di genere, anche l’immigrazione può diventare qualcosa che si integra sul modello sociale ed economico del territorio, contribuisce non solo all’economia, ma anche alla formazione delle famiglie e della natalità. La risposta all’invecchiamento della popolazione non è, quindi, solo spostare in avanti l’età pensionabile, ma costruire un modello che funzioni per tutti, per cui le scelte dei giovani, le scelte delle donne e anche il fenomeno dell’immigrazione, abbiano la possibilità di essere integrate con un modello sociale di sviluppo in cui queste componenti possono portare il loro valore aggiunto, migliorare la crescita economica e sociale all’interno del contesto in cui vivono e anche ridurre gli squilibri demografici e fare in modo che la natalità, che oggi è sul basso, possa avere un’inversione di tendenza. 3. Prima sessione: demografia e lavoro 37

Però bisogna fare tutto questo con politiche adeguate, centrate sul lavoro, attente al futuro e non pensando che queste possano semplicemente essere fatte navigando a vista, cioè, in ogni nuova manovra finanziaria si dica: quali risorse sono avanzate che possiamo mettere sulle politiche familiari ogni anno? Su cosa possiamo investire quest’anno e il prossimo anno? Vedremo, se le confermiamo o meno. Così non funziona, perché ovviamente la scelta di avere un figlio è l’impegno maggiore che si ha nei confronti del futuro, è il vincolo maggiore positivo che si mette nei confronti del futuro e non può essere disconfermato o confermato manovra dopo manovra, ha bisogno di un paese che diventa lungimirante e fa sì che quella scelta possa essere confermata e migliorata ogni anno attraverso un percorso in cui si fanno politiche solide e anno dopo anno si va a monitorare e valutare se hanno funzionato o meno, per rafforzare ulteriormente e mettere in condizione le persone di realizzare pienamente i propri progetti di vita insieme al loro impegno, alla crescita sociale ed economica del proprio territorio. FRANCESCO GIORGINO Grazie al professor Rosina per i contenuti, ma anche grazie per il modo in cui sono stati esplicitati. Credo che più tardi usciremo da questo magnifico Teatro con questa frase molto significativa: l’Italia dal punto di vista demografico non gioca né in difesa, né in attacco. Credo che questo sia un claim sul quale evidentemente andare a riflettere. Lo ringrazio anche per aver dato ulteriore prova della esigenza, anche dal punto di vista concettuale ed epistemologico, di attivare tutti i ragionamenti che faremo partendo, appunto, dalla questione demografica. Di questi stimoli che abbiamo ricevuto ne parliamo ora con alcuni ospiti di questo salotto, in qualche modo, una sorta di talk show. Invito a salire sul palco Elena Goitini, amministratore delegato di BNL e responsabile di BNP Paribas; Vincenzo Divella, Cavaliere del Lavoro e amministratore delegato di Divella, che gioca in casa, visto che la sua è un’azienda nazionale, ma sicuramente con solide radici pugliesi; Olga Urbani, Cavaliere del Lavoro e presidente della Urbani Tartufi, una solida azienda umbra. Il futuro del lavoro 38

Comincio con Elena Goitini perché a questo punto sono curioso, dopo questi stimoli e anche dopo l’elencazione di quelle cinque “i”, di capire come, un grande gruppo come BNP Paribas e BNL per quanto riguarda l’Italia, sta operando sul piano della demografia. Quali sono le leve che state utilizzando per provare a risolvere questo problema? ELENA GOITINI Amministratore delegato BNL e Responsabile BNP Paribas per l’Italia Anzitutto, buongiorno a tutti, grazie per l’invito, grazie a Carlo e Domenico, che di fatto mi permettono di tornare in una città che in una recente esperienza professionale, fatta lavorando a Cibitalia, da milanese nata e cresciuta a Nord, oggettivamente mi ha permesso di dare molta concretezza alle cose che ho sentito oggi rappresentare nei saluti istituzionali, cioè, la capacità di andare oltre le bellezze enogastronomiche che questo territorio rappresenta e apprezzare quella visione, quella creatività che sta dietro alle idee che vengono combinate sempre ad un fare molto pragmatico, concreto, capace di parlare attraverso le cose che si fanno, ancora prima che attraverso le parole. Per me è bello perché avendo navigato altri tipi di città, tornarci è qualcosa di estremamente piacevole. Complimenti per il titolo, è bello, propone una prospettiva, ma soprattutto è un titolo che ci permette di progettare orizzonti considerando che questi ultimi tre anni hanno portato un’emergenza costringendoci ad operare sul breve termine. Questa situazione mi ha creato non poca ansia. Con relazioni importanti finalmente si parla di demografia, si citava tanto la transizione ecologica, transizione digitale e quella demografica passava sempre in secondo piano. Però la demografia ci obbliga a metterci delle lenti diverse. Come ha detto molto bene Alessandro, lenti che spazzano via il breve termine, però lo legano. Tutto quello che facciamo oggi avrà un impatto domani. Bellissimo il passaggio sul Pil e sulla popolazione, è verissimo. Preparandomi per rispondere a questa domanda: ok, ma poi cosa facciamo in concreto per affrontare questa transizione demografica? Perché dovrei preoccupar3. Prima sessione: demografia e lavoro 39

mene, lavorando in una banca? La risposta che mi sono data è triplice, vuoi perché la banca è a supporto dell’economia reale e la demografia ha un impatto pazzesco sul contesto economico. Senza andare troppo indietro, tra l’altro si diceva: attenzione perché, siccome la popolazione crescerà tantissimo, succederà una carestia mondiale. Eravamo nel XVIII Secolo. Non è successo, c’era qualche economista che sembrava più illuminato, che diceva: attenzione, perché è vero che avremo una fortissima crescita demografica, ma questa, combinata con l’innovazione tecnologica, aumenterà la produttività. Dal dopoguerra ad oggi, al 1980, la produttività nel Paese italiano, ma anche in America, in Giappone, in Germania, il 70% del Pil pro-capite è generato da un aumento di produttività. Perché allora oggi dobbiamo parlare di demografia? Il contesto economico è a rischio, sono molti i paesi sotto il 2,1% di natalità; erano poco più di 90 nel 1980, sono diventati 123 nel 2021, diventeranno 136 nel 2030. Questo significa che lì abbiamo un problema. Prima ragione per cui è importante parlare. Secondo, perché le persone che entrano in banca oggi mi fanno domande diverse, soprattutto i giovani non ci entrano, mio figlio di 28 anni non è mai entrato in banca e potenzialmente non ci entrerà mai, perché usufruisce dell’ecosistema finanziario cui una banca può permettere di accedere, ma non lo fa per il tramite della banca per come la immaginiamo oggi. Per me, quindi, la demografia è importante per capire come devo ripensare il mio modello operativo distributivo. Terza ragione, l’avete trovata bene con la correlazione sulla formazione e sulle competenze. È chiaro che oggi, gestire un capitale umano all’interno di una banca, ma anche di qualsiasi azienda, richiede di comprendere bene come devo far evolvere quel tipo di competenze e come ne devo creare di nuove. Cosa stiamo facendo? Essenzialmente provando a giocare un po’ meglio in attacco e un po’ meglio in difesa. Lo abbiamo detto molto bene prima, è chiaro che risolvere il problema della natalità richiede un orizzonte più lungo. Quello che farò oggi darà risultati tra 20-25 anni. Posso però riuscire o comunque trovare delle soluzioni tattiche accanto alle soluzioni strategiche, le prime vanno attraverso quella capacità di includere meglio, di integrare, diceva prima il professor Rosina; Il futuro del lavoro 40

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