scenze. Ci vuole un bilanciamento attento tra l’aspetto direttamente formativo e quello più generale. Tuttavia, le esperienze che hanno un aspetto maggiormente professionalizzante, sia nella scuola, i tecnici e i professionali, sia nelle università, le lauree brevi, nel nostro Paese hanno criticità maggiori che all’estero. C’è un tema di discipline. La percentuale di laureati in Italia in Tecnologia dell’Informazione e della Comunicazione è l’1,5% del totale, la media europea è del 4,5% quindi c’è un problema di adattamento del sistema. Tutto questo porta a un tema molto grave, un disallineamento tra le competenze e le capacità di chi entra sul mercato del lavoro e le competenze e le capacità che sono richieste dalle imprese, problema serissimo e in fortissimo aumento in tutta Europa. Dati comparati ci dicono che in altri paesi europei è ancora più grave che in Italia. Non è solo un problema del nostro Paese, ma è certamente molto grave perché lascia molti posti non occupati, e questo è critico per le imprese, ma anche per chi rimane fuori dal mondo del lavoro. L’indagine Excelsior sul 2023 dice che un 45% addirittura, dei posti più qualificati, sono difficili da reperire. Dove ci porta tutto questo? Se c’è una grandissima importanza dell’istruzione, questa non può che essere affiancata da una grandissima enfasi sulla formazione lungo l’intero arco della vita. Abbiamo già sviluppato i vari aspetti di questo problema. Questo non è tipico del nostro Paese, il nostro Paese non ha una grande tradizione nella formazione degli adulti, gli adulti del nostro Paese hanno meno competenze degli adulti degli altri paesi europei. Questo dipende dal fatto che abbiamo una storia diversa, per esempio la percentuale di adulti con competenze ICT è 10 punti meno della media europea che non è un bene e che ci deve spronare a prendere il tema della formazione lungo l’intero arco della vita, molto più seriamente che in passato, questo significa, in generale, la formazione degli adulti, con un’attenzione in particolare a due gruppi di adulti: le persone adulte che hanno perso il lavoro o a rischio di perdere il lavoro che hanno bisogno di esprimersi con il lavoro a cinquanta o cinquantacinque anni per non essere a carico della società e per propria soddisfazione personale e i ragazzi, i ragazzi giovani, quelli che chiamiamo i NEET che non sono seduti sul divano ma hanno grande difficoltà, per quello che sanno fare e per quello che possono fare, per trovare lavori sufficientemente adatti alle loro competenze. Il futuro del lavoro 84
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