Firenze2015 WORKSHOP Tutela e valorizzazione del patrimonio culturale
secolari e bisognosa di continue attenzioni, sa veramente di blasfemia. Cosa sarebbe, per esempio, Firenze se non fosse stata per secoli esercitata la tutela? “Tutela” e “valorizzazione” sono i fondamenti etici per un contegno che sia ade- guato all’eredità che ci è pervenuta gratuitamente. M’è occorso di dirlo in un in- contro a Casal di Principe, in occasione della preparazione della mostra (tuttora aperta) dagli Uffizi dedicata al sostegno di donne e uomini che strenuamente s’op- pongono alla criminalità organizzata che deprime quelle terre: “Si può ‘valorizzare’ un luogo come il vostro – ho detto alla gente e ai giovani di lì – senza tutelarne il territorio? Si può restituire valore (anche economico, dico) alla vostra terra sfre- giata, se non distrutta, da un abuso scellerato, senza interventi che la recuperino a una condizione salutare? Chi può desiderare di venire qui da voi se prima non si mette mano a un radicale risanamento? Quale turismo potrà mai allignare qui?”. Tutela e valorizzazione sono pertanto vocaboli strettamente legati. Sarò più chiaro: non c’è valorizzazione senza tutela. E non si deve – proprio non si deve – ridurre la valorizzazione al solo àmbito economico. Sarebbe addirittura sciagurato se la ragione principale d’ogni impresa (specie se concepita nel contesto d’una struttura pubblica votata specialmente all’educazione) risiedesse unicamente nel profitto economico. Coi tempi attuali e con l’imperante conformismo intellettuale, qualsiasi iniziativa pescherebbe – e difatti è quello che per solito succede – nelle acque stagnanti dei feticci coltivati da un’industria cul- turale sempre più rozza e arrogante. Proprio su questo terreno di palude germo- gliano e proliferano l’esposizioni titolate coi soliti nomi mitici (Botticelli, Leonardo, Van Gogh e gl’immancabili Impressionisti…) e ordinate con opere ce- lebratissime, ormai per lo più svuotate – per colpa dell’abuso che se n’è fatto – della loro pur alta poesia. Sicché le mostre, che una volta (parecchio tempo fa) prevalentemente sottendevano istanze educative, son divenute parate effimere di capolavori, talora financo esenti da qualsiasi nesso in grado di tenerli insieme; sempre protese soltanto al maggior utile possibile. E così, riducendo capi d’opera ineguagliabili al rango d’oggetti da richiamo pubblicitario, la funzione formativa dell’esposizioni viepiù digrada, giacché si svilisce (fino a vanificarlo) il valore poe- tico di tanti testi figurativi che sono attestati veridici della nostra cultura. 2. Relazioni 31
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