Firenze2016 CONVEGNO NAZIONALE Arte cultura impresa

da cui veniamo e quanto erano brutti, osceni, terribili, coloro che hanno guidato i paesi fino ad adesso, dobbiamo costruire un museo per far vedere tutto questo, un museo di mostri, di mostruosità”. La tradizione italiana del 1861 quando è nato lo stato unitario era una tradizione imbevuta dei principi che ho appena ri- cordato, nata in assoluto disprezzo, quella sabauda in particolare, ma anche le altre non scherzavano, perché legavano tradizione della conservazione culturale all’idea che fosse una cosa di vecchi monarchi e di epoche da superare. Fu solo alla fine dell’ ’800 che ad opera di una grandissima personalità, Adolfo Venturi, primo do- cente di storia dell’arte, che creò la tradizione per la conservazione e per lo studio dell’arte, riscoprendo in tal modo una modalità di mettere il popolo in relazione con quello che era stato. Un secolo contro due millenni di cui gli ultimi quattro secoli erano di ostilità. Ho ascoltato con attenzione Falco, Calenda e Montezemolo e ho pensato che aves- sero ragione, come è possibile che noi non ce ne rendiamo conto? La mia tesi è che noi dobbiamo fare i conti con questo passato che non conosciamo ma che è dentro il nostro dna e che è quel passato che al momento della verità, che al momento in cui facciamo i conti veri, questi temi, sappiamo bene, finiscono nel nulla, parlo del rapporto del pubblico con i beni culturali e del privato. Riusciamo a fare tutti questi discorsi finché ci sono momenti di opulenza, ma per quello che ho constatato, quando arrivano i momenti di difficoltà e crisi, questo concetto profondo che con- sidera il patrimonio il valore più grande di cui disponiamo in Italia, tende a sparire. Concludo. Convegni come questi, modi come questi di discutere apertamente e con franchezza come sto cercando di fare anch’io, sono i benvenuti perché ci aiu- tano a fare chiarezza non soltanto nell’esortazione di quello che potremmo fare, ma perché in parte le idee che abbiamo ascoltato stamattina sono abbastanza ine- dite, in parte sappiamo cosa dobbiamo fare, cosa dobbiamo auspicare si faccia, dobbiamo riuscire a far diventare tutto questo senso comune. Ho letto i risultati dell’indagine sull’impegno per la cultura che è stata fatta tra i Cavalieri del Lavoro ed è molto incoraggiante, ma non nascondiamoci dietro un dito, il momento della verità viene quando nelle difficoltà economiche, alle forme diversificate di inve- stimento, come quelli culturali si dà priorità e non li si tiene fra quelli che sono i primi a scomparire. 2. Arte e cultura come leve per valorizzare il sistema Paese 33

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