Palermo2014 CONVEGNO NAZIONALE Riformare l'Italia e l'Europa

Riformare l’Italia e l’Europa per competere e crescere 36 diverse istituzioni Ue. Forse, possono stimolarci a riflettere. Vorrei, ora, dare una risposta alla domanda che mi è stata rivolta. L’insediamento della nuova commissione europea si confronta, questa volta, con una premessa che rappresenta un punto di svolta. Per la prima volta, infatti, si ap- plica il Trattato di Lisbona (l’ultima modifica dei trattati europei). Due sono le novità. Da una parte, la più nota: in base a questa, i capi di stato e di governo tengono conto delle elezioni per il parlamento europeo nel procedere alla designazione del nuovo presidente della commissione. Dall’altra, la modifica del sistema di voto: detta designazione va decisa a maggioranza e non più all’unani- mità; novità che pone fine ai cosiddetti “veti”. Il presidente designato deve avere un voto di conferma del parlamento europeo e successivamente, insieme con cia- scun governo nazionale, identificare gli altri commissari; infine, il parlamento eu- ropeo vota la fiducia all’intera nuova commissione. Questa articolata e in parte inedita procedura, ha portato i partiti politici europei a indicare i loro rispettivi candidati di punta (definiti in tedesco “Spitzenkandidaten”). Il diverso contesto procedurale si confronta con tendenze di voto che, in quasi tutti i paesi, preannunciano – stando ai sondaggi – un’ascesa di partiti “euroscet- tici” o anti-europei (si parla di una percentuale del 20-25%). La situazione sarà, pertanto, ben più dialettica delle volte precedenti. Le ragioni di questo probabile esito sono note. Usciamo, lentamente, da una crisi economica, finanziaria e sociale che – non dimentichiamolo! – è stato l’avveni- mento più sconvolgente, guerre mondiali escluse, degli ultimi 100 anni. Il diffuso malcontento si manifesterà inevitabilmente nelle urne ed è democraticamente giu- sto che avvenga così. Le alte aspettative iniziali circa la capacità dell’Unione euro- pea di risolvere i problemi hanno cagionato una delusione per molti, che è sfociata in aperto dissenso. Come sempre – specie con il “senno di poi” – si ritiene che potevamo pretendere di più, dalle istituzioni europee e dai governi nazionali. Non andrebbe, però, di- menticato che la crisi è stata profonda, almeno quanto quella del 1929 che crede- vamo di aver chiuso nei libri di storia; ma soprattutto, non era stata prevista da

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