Palermo2014 CONVEGNO NAZIONALE Riformare l'Italia e l'Europa

“meno virtuosi”. Questa nozione, sappiamo, che è rifiutata da molti governi, in par- ticolare da quello tedesco. Una seconda nozione di “eurobond” sottende un’innova- tiva emissione di titoli di debito pubblico genuinamente europeo – un debito, oggi, pari a zero – al fine di disporre di un’ulteriore fonte di finanziamento per il bilancio Ue ovvero per costituire un bilancio ad hoc dell’eurozona. A mio parere, questa seconda tipologia di “eurobond” è di grande interesse e – a priori – non è oggetto di veti da parte di qualche governo. Come sappiamo, il bi- lancio Ue è pari all’1% del Pil europeo. Questo è l’ammontare deciso dal consiglio europeo e approvato dal parlamento europeo, dopo che la commissione aveva fatto una proposta – definita “ambiziosa” – pari allo 0,9% in più; vale a dire, appena una settantina di miliardi in più, su sette anni, da dividersi fra 28 stati. Per avere un termine di paragone, si consideri che il bilancio federale Usa è pari a quasi il 25% del Pil americano; questo ha permesso politiche anticicliche incisive a livello federale, mentre si pretendeva più rigore a livello dei singoli stati. Molti pensano che questa leva, che l’Ue non ha, stia facendo la differenza in termini di rapidità e intensità della ripresa fra Europa e America. Io penso che il bilancio europeo sia inadeguato, quantitativamente e per la sua struttura, tanto sul fronte delle entrate, quanto della spesa. Andrebbe radicalmente rivisto, ma nell’attesa, andrebbe ap- profondita la possibilità di una sorta di bilancio straordinario alimentato da emis- sioni di titoli europei (che possiamo chiamare “eurobond” o in altra maniera). Se vi fossero, per esempio, emissioni per un 2% del Pil europeo, ammontare non difficile da garantire collettivamente, disporremmo di 2.000 miliardi per investi- menti produttivi strutturali, da decidere a livello europeo, sotto il controllo di tutti gli stati e delle istituzioni Ue. Pensate con questi finanziamenti a quante e quali iniziative preziose per creare lavoro e per le imprese e la loro competitività si potrebbero varare. In conclusione, sono convinto che l’Unione europea offra già numerose opportu- nità e adeguate – ben individuabili – forme di flessibilità, non solo vincoli, pure non superflui o ciechi. Bisogna vederle e coglierle, senza smettere di guardare oltre. L’Europa è anche il risultato della nostra azione italiana; si può e si deve curare l’interesse nazionale, insieme con quello più generale europeo che è anche il nostro. L’Unione e le sue politiche pubbliche vanno comprese: parafrasando una frase 2. L’Europa da costruire 39

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