Palermo2014 CONVEGNO NAZIONALE Riformare l'Italia e l'Europa

Ue tende ad armonizzare le diverse normative nazionali: quindi, elimina 28 legi- slazioni diverse (a numero odierno degli stati membri) per sostituirle con una le- gislazione comune. La legge comune, inoltre, consente di operare al meglio sul territorio di tutti i paesi europei, ampliando in particolare l’orizzonte degli im- prenditori. Se guardiamo alla burocrazia, certamente anche l’amministrazione dell’Unione europea ha i suoi difetti, ma è una burocrazia piuttosto piccola. La commissione europea, l’istituzione con più funzionari, conta circa 30.000 persone: provate a confrontarla con quella delle nostre città anche di media dimensione. Molto della narrativa critica verso l’Europa non ha un reale fondamento. Certo, sono percezioni diffusissime e andrebbe intensificato lo sforzo volto a confutarle. L’Unione europea va spiegata meglio, va insegnata una vera “educazione civica eu- ropea”. Se non capiamo l’Europa è una nostra responsabilità, perché non ci impe- gniamo a conoscerla di più e a interagire con essa. L’esempio – ai miei occhi clamoroso – sul quale desidero concludere è quello del- l’incapacità italiana di fruire al meglio delle ingenti somme stanziate a titolo dei cosiddetti “fondi strutturali” europei. Come è noto, una delle voci di spesa del bi- lancio Ue è rappresentata dai finanziamenti per infrastrutture nelle aree meno fa- vorite dell’Unione. A tale titolo, l’Italia riceve somme importanti: circa 30 miliardi per ciascuno dei periodi di bilancio 2007-2013 e 2014-2020. Tuttavia, utilizziamo questi fondi in maniera non ottimale: regolarmente in ritardo e non di rado, per opere non essenziali. Con le nuove regole, nel 2015, perderemo i fondi a noi pre- assegnati a titolo del bilancio Ue 2007-2013 e non spesi; si consideri che dob- biamo ancora spendere quasi il 40% degli originali 30 miliardi. Siamo lo stato con il più ingente ammontare di fondi non spesi: una sgradevole “maglia nera“. Una tale situazione mostra i forti limiti del nostro sistema paese e contraddice la domanda domestica di investimenti, che non vengono fatti a sufficienza malgrado la disponibilità di finanziamenti europei. Per non parlare del rischio di perderli: un vero spreco e un reale danno. Infatti, l’Italia è un “contributore netto“ (cioè, versa più di quanto riceva) del bilancio Ue e ogni miliardo che “arriva“ da que- st’ultimo a noi – erario e dunque, contribuenti – è costato più caro. 2. L’Europa da costruire 49

RkJQdWJsaXNoZXIy NDY5NjA=