Perugia2016 WORKSHOP Educazione all'arte e alla cultura

V IRMAN C USENZA Direttore Il Messaggero Buongiorno a tutti. Inviterò adesso i partecipanti a questa tavola rotonda dedicata ai temi dell’educazione alla cultura e della cultura nell’impresa, due mondi che devono comunicare sempre di più. Invito quindi Michele Dall’Ongaro, presidente e sovrintendente dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia; Giampaolo D’Andrea, capo di gabinetto del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo; Emilio Iodice, Loyola University – direttore John Felice Rome Center; Sebastiano Maffettone, professore ordinario di filosofia politica alla Luiss Guido Carli di Roma; Vittorio Sgarbi, storico e critico dell’arte che tutti conosciamo. Benvenuti. La chiacchierata che vorrà approfittare delle competenze che ciascuno di voi ha in questo ambito, un ambito vasto che cercheremo di definire con il vostro aiuto, ruota attorno a un tema che in realtà è centralissimo e anche antichissimo nella no- stra cultura e nel nostro Paese. È il tema di quanta consapevolezza vi sia oggi del fatto che la cultura e l’educazione all’arte e alla cultura siano centrali non soltanto da un punto di vista formativo del nostro Paese e del nostro sistema Paese, ma siano strategiche anche per la crescita e l’innovazione. Ancora, quanto sia possibile con- taminare ambiti apparentemente lontani, quali appunto il mondo della cultura, della formazione, dell’arte con il mondo dell’economia, dell’impresa e dell’innova- zione. Uno dei miti che cercheremo di sfatare è quello dell’antitesi tra due mondi, cioè il fatto che se si appartiene o si è coltivato il campo umanistico alla fine questo sia stato “nemico” del sapere tecnico e, viceversa, che il sapere tecnico abbia potuto rinunciare in qualche modo a una radice così fondante della sua stessa esistenza. Tutto questo, per fortuna, oggi appare chiaramente come un errore analogo a quello perpetrato nelle case degli italiani negli anni Sessanta e Settanta, quando in nome del nuovismo si buttavano via i vecchi mobili oppure i soprammobili, quelli che Guido Gozzano chiamava “le buone cose di pessimo gusto”. Invece, in certi casi, il gusto lo avevano eccome, ed è stato gettato via un valore, insieme ad un oggetto bello. 2. Relazioni 17

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