Perugia2016 WORKSHOP Educazione all'arte e alla cultura
giornali storici e sullo stesso il Giornale probabilmente non è terza pagina. C’è scritto terza pagina ed è a pagina trentanove. Allora, se un giornale che deve co- municare, a parte la decadenza dei giornali, ha paura della terza pagina e la chiama terza pagina per modo di dire, vuol dire che dal 1978, e non parliamo dei tempi degli elzeviri, al 2016 siamo passati da tre a trentanove. Questo è il rapporto. Quindi il tuo giornale, il mio giornale, quello che fu il tuo giornale, il Corriere della Sera, seguono la Repubblica, che ha cominciato a spezzettare la pagina cen- trale per vendere la pubblicità. Non c’è più il paginone, c’è una specie di R2, R3, P2, P4 in maniera tale che tu la vai a cercare e non riesci più a leggere la Repubblica perché è troppo frantumata, anche se dà molto alla cultura e alle culture. Ma se in terza pagina reale io trovassi qualcosa di molto stimolante sul tema della crisi – non dirò culturale ma geopolitica – del nostro tempo, potrei capire che uno vuole leggere quella. Ma mi dovete spiegare quale potrà essere l’interesse della ma- ternità della Meloni in terza pagina, rispetto a un tema culturale. Ecco perché se noi vediamo degradare fino a questo punto la gloria di un grande giornale – dal Corriere al Giornale, al Messaggero, fino alla stessa Repubblica – e poi pensiamo di potere risarcire con un convegno questa lacuna, è evidente che siamo molto indietro. Come è evidente che quando tu hai un Ministero dei beni culturali che vive nella condizione di una continua sovversione dei suoi quadri, creando destabilizzazione tra archeologi, storici dell’arte e architetti, è ben vero che il modello che oggi ha pre- valso – e lo sa l’amico D’Andrea – l’ho imposto io a Franceschini, non perché lui volesse ascoltarmi come suo privilegiato consigliere, ma perché mi chiedeva in che modo potevano essere tagliati trenta dirigenti. Semplicemente prendendo il modello di Perugia, dove io frequentai nel 1978 una sovraintendenza mista, dove il sovrain- tendente è uno solo che si occupa di questa architettura e anche di questi dipinti. La schizofrenia della divisione delle sovraintendenze ha fatto sì che ci fossero settori separati. Voi sapete che il Cenacolo di Leonardo è, o lo è stato, sovraintendenza ai monumenti, e alla mia epoca questo voleva dire Costanza Fattori. La sovrain- tendenza ai beni culturali, cioè Brera, aveva all’epoca un illustre studioso, ancora vivente, che si chiama Bertelli. Per dieci anni De Benedetti spese venti miliardi inutilmente, perché fu come sempre un furto dei restauratori che indicano cifre 2. Relazioni 21
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