Perugia2016 WORKSHOP Educazione all'arte e alla cultura

enormi quando qualche ricco paga. Non vi parlerò degli esempi che ho vissuto di questo ladrocinio costante e di cui tutti possono essere consapevoli, ma di cui tutti fanno finta di nulla. Se pensate che per spolverare il Mosè di Michelangelo – con me sottosegretario – Lottomatica ha speso quattro miliardi, quando D’Amato e io avremmo potuto spendere credo duemila euro, forse quattro milioni, e sarebbe venuto benissimo, cosa puoi fare? In questa logica, quando proposi al Ministro il modello di Perugia mi riferivo al mo- dello negativo di Milano, dove per dieci anni discussero se dovesse seguire i lavori di restauro per quel modesto dipinto – non sul piano estetico ma sul piano dell’esecu- zione – che è “L’ultima Cena”, la sovraintendenza ai monumenti o quella ai beni ar- tistici. Alla fine Sisinni, all’epoca direttore generale, stabilì che fosse la seconda. Questo cosa dimostra? Che se tu hai un muro e una architettura hai una sovrain- tendenza, ma l’affresco è “anfibio”. Può essere fatto dall’una o dall’altra, quindi per me era logico tenere insieme un unico ufficio, come nel caso del nostro Santi e del suo vicario architetto plenipotenziario Valentino. Quando fui chiamato, Va- lentino divenne sovraintendente e io vicario. In questa logica c’è un unico ufficio che non discute per mille anni, ma stabilisce come fanno le procure che un sosti- tuto abbia il suo fascicolo. E dunque il modello di Perugia, da me sentito come vitale in termini di sovraintendenza mista nel 1978, è diventato il modello 2015 di Franceschini. Per quello che riguarda i giornali, il 1978 era l’anno in cui c’era ancora la terza pa- gina in terza pagina. Oggi che sul tuo giornale non sappiamo più dove sia – sulla Repubblica e sul Corriere a pagina trentanove, sul Tempo sarà a pagina ventiquattro o venticinque – allora dobbiamo capire perché l’interesse dei detentori della cultura popolare che un giornale rappresenta è talmente debole che cose straordinarie fini- scono nei punti più remoti di un giornale. Ed evidentemente questo corrisponde all’interesse, perché quando sono stato a Miradolo per parlare di Tiziano in occa- sione di una piccola mostra organizzata con il Cavaliere del Lavoro Cosso, arrivando tardi in una pizzeria ho invitato alcuni ragazzi, dicendo loro: “Venite domani a ve- dere la mostra di Tiziano?” E loro mi hanno risposto: “Chi, Tiziano Ferro?” L’educazione all’arte e alla cultura: il ruolo delle istituzioni pubbliche e dei privati 22

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