Perugia2016 WORKSHOP Educazione all'arte e alla cultura

tra i mezzi di informazione e il Paese, ha prevalso un’altra scala di priorità, cioè in realtà si è preferito lisciare il pelo nella direzione un po’ qualunquistica di un con- sumo, diciamo così, di informazione e di messaggi comunicativi che rispondevano più direttamente alla domanda di livello più ridotto che il Paese ha espresso. Con- seguentemente, è andata affermandosi l’idea che, quando si trattava di tagliare un pezzetto delle risorse della finanziaria, la prima cosa da poter tagliare fosse la cul- tura in quanto improduttiva. Lasciando da parte il valore dal punto di vista edu- cativo e culturale della cultura, o l’identità, nella scala delle priorità la spesa per la cultura era considerata improduttiva. E dunque è stato facilissimo tagliare queste spese. Vi devo dire che invece era una fatica notevole, ho fatto anche l’ammini- stratore locale, riuscire a mettere nei bilanci delle amministrazioni locali una spesa per la cultura. Una volta, quando ero assessore regionale della mia piccola Basilicata, mi sentii dire che avevo fatto uno spreco perché – pensate – avevo collocato in un programma di intervento straordinario della Cassa del Mezzogiorno 5 miliardi di allora, siamo a metà degli anni Ottanta, per fare un’operazione di scavo archeologico. Mi dicevano che era uno spreco perché non capivano – lo dico al presidente D’Amato – cosa un’operazione di quel tipo mettesse in moto dal punto di vista dell’economia reale di un territorio e non capivano cosa potesse rappresentare l’investimento realizzato, fosse una mostra permanente, un museo o la scoperta di un filone nuovo. Tu co- nosci quel mondo, tutto diverso da quello che andava per la maggiore, da quello romano a quello magnogreco, perché questo era invece il filone di una tipica civiltà locale, come può essere nelle Marche quella dei piceni o la versione umbra degli etruschi. Tutte cose abbastanza caratterizzate sul piano dell’identità, di una varietà straordinaria del Paese, che potevano essere determinanti anche sul piano dell’at- trazione turistica. Quando mi dissero che era uno spreco, dovetti sostenere una po- lemica violenta, perché invece di preoccuparsi solo di fognature e fare piccoli interventi pubblici disseminati in ognuno dei comuni della mia regione, avevo pen- sato che una quota, peraltro minima rispetto ad un piano consistente dal punto di vista finanziario, potesse essere destinata alla cultura. Nel tempo le cose sono addirittura peggiorate, perché si era imposta una visione del Paese un po’ più attenta agli aspetti culturali, che via via è andata però deperendo. L’educazione all’arte e alla cultura: il ruolo delle istituzioni pubbliche e dei privati 24

RkJQdWJsaXNoZXIy NDY5NjA=