Perugia2016 WORKSHOP Educazione all'arte e alla cultura

rivato quasi a settant’anni – ma l’ho fatta tutta su questo per cercare di dire: non facciamo cose nuove, se non nella natura fisiologica in cui si devono fare, ma met- tiamo a sistema, organizziamo e comunichiamo quello che c’è. Vi dico semplice- mente una cosa. Il percorso a piedi del giro dell’Expò a Milano è circa due chilometri e mezzo, percorso lungo fatto una volta. Io ho fatto lo stesso percorso nel centro di Napoli, andando dalle catacombe al duomo, e invece di capannoni privi di senso ci sono cinquanta monumenti di estremo valore mondiale. Le cata- combe stesse, il Colosimo, il Museo Archeologico, il Filangieri, il Madre, il Pio Monte della Misericordia, il Duomo e così via. Perché non mettiamo le persone a girare là, dandogli un senso organizzativo, comunicandolo al mondo e facendolo sapere? Io sono sicuro che non arrivi un raddoppio, ma quattro volte tanto di vi- sitatori. È questo che bisogna fare e questo richiede la partecipazione del privato. L’altra cosa che sto cercando di fare, nell’aprire i bandi della regione alla cultura, è quella di dare una specie di priorità di preferenza a quelle iniziative che sono miste privato-pubbliche e questo, insieme ovviamente all’Art bonus, può contri- buire, perché c’è un invito esplicito a preoccuparsi della sostenibilità del sistema. Perché quello che è evidente è che tutti questi contributi nazionali, regionali, co- munali che arrivano nel sistema della cultura sono ricevuti come un modo per so- pravvivere, non come un investimento. Invece bisogna trasformarli in investimenti. E allora il ciclo in qualche modo si chiude? Si chiude perché se ho detto all’inizio quello in cui credo profondamente, e cioè che per credere in noi stessi dobbiamo recuperare il nostro passato, dobbiamo avere il coraggio di non negarlo, di pren- derlo di petto, di studiarlo, farlo nostro e farlo dei nostri figli. Allora questo è un modo. Se sarà sostenibile il sistema della cultura italiana si riprodurrà, ma per fare questo ci vuole tanto coraggio, anche nelle università e nelle scuole. Quello che stiamo studiando in Campania, con i rettori delle sette università della Campania, è un programma audace di insegnamenti umanistici nelle facoltà non umanistiche. Avere lettere e filosofia a ingegneria e medicina, questo è il programma che stiamo sviluppando e ci vorrà tempo. Ma secondo me è indispensabile, quello è il futuro della cultura. Non dividerlo, producendo medici e ingegneri che sanno tutto della loro materia e che non conoscono la cultura e il patrimonio artistico italiano, ma L’educazione all’arte e alla cultura: il ruolo delle istituzioni pubbliche e dei privati 32

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