Perugia2016 WORKSHOP Educazione all'arte e alla cultura
La seconda operazione, inizialmente con un segno più, che però nel percorso si è trasformato in un segno meno, è stata la creazione della facoltà e successivamente del corso di studi in beni culturali. Nasceva con un’idea brillante e naturale in un paese come l’Italia: specializzare dei giovani nella conoscenza tecnica e culturale della nostra identità artistica e presentarli al mondo del lavoro e alla società affinché potessero essere ottimi gestori, valorizzatori e conservatori del patrimonio culturale. Proprio perché concepito in termini squisitamente specialistici e quantitativi, que- sto corso di studi è diventato – lo dico con molta serenità – una fabbrica di disoc- cupati. Si è assistito ad un incremento e a un successivo sgonfiamento dei numeri, e oggi ne restano cinque nel Paese, in cinque sedi universitarie. In ogni caso si è dovuto reintervenire per ricondurlo nell’ambito della dimensione più ampia della facoltà di lettere, e quindi della preparazione umanistica. Ragionare per quantità, pensando che incrementare le ore di una disciplina voglia dire accrescere la capacità e la sensibilità culturale degli studenti, e che specializzare in un settore significhi dare strumenti e personale qualificato per valorizzare la no- stra identità, ebbene è stato un primo errore, una prima forzatura. Le due operazioni sopracitate hanno prodotto dichiaratamente un fallimento. Pertanto si impone una svolta: non solo un reinvestimento, come stiamo facendo con questo governo, dove certo tutto è perfettibile e doverosamente migliorabile, ma anche e soprattutto l’assunzione di una prospettiva diversa. Faccio alcuni esempi che dimostrano come ci stiamo spostando da una dimensione quantitativa ad una dimensione qualitativa, dall’obiettivo di istruire i nostri giovani all’obiettivo di educarli, per ottenere un’educazione diffusa nella società ai valori della cultura, alla sensibilità e alla conoscenza del patrimonio artistico e al ricono- scimento del posto che occupiamo nel mondo e dei simboli della nostra identità. Parto dalla scuola – non potrei non farlo, mi perdonerete – e vi risparmio i tecnicismi che hanno caratterizzato la costruzione di una legge complessa sul campo dell’arte. Voglio dirlo perché è un punto di orgoglio e credo che in tempi ragionevoli produrrà un risultato visibile, almeno al completamento di un ciclo scolastico di cinque anni. Non abbiamo aggiunto o sottratto ore, abbiamo lavorato invece sull’autonomia sco- 4. Interventi conclusivi 81
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