Torino2018 CONVEGNO NAZIONALE La rivoluzione digitale

quello che ha aperto il tema della flessibilità del mercato del lavoro, della riforma del mercato del lavoro, in una logica nella quale allora ci sembrava, al sottoscritto e anche a molti dei Colleghi che sono qui oggi e che allora erano con noi in Con- findustria in quei giorni, chiarissimo quello che sarebbe successo e la direzione nella quale saremmo andati. La necessità cioè di rendere le imprese scattanti, com- petitive e innovative, la necessità di rendere il sistema paese capace di governare e gestire queste trasformazioni sociali, non facendo peso sulle imprese di vincoli e di rigidità che non avrebbero mai potuto consentire a nessuno di noi di competere a livello internazionale. Ma facendo sì che ci fosse un sistema che accompagnasse, senza rotture sociali, un percorso nel quale conformazione e creazione di oppor- tunità di lavoro in nuovi settori, settori per gli anziani, settori per il terziario, settori per l’ambiente, altre occupazioni, altri mercati che si aprono per l’invec- chiamento, per le necessità ambientali e di sostenibilità che noi abbiamo, con un adeguato sistema di formazione, ci fosse un passaggio da una realtà che vedeva il posto di lavoro come unico, fisso e intoccabile per tutta la vita, a una realtà nella quale le opportunità di lavoro si moltiplicano. Con un accompagnamento intel- ligente di formazione continua, perché ciò è ineludibile per chi mantenga lo stesso lavoro o per chi lo debba cambiare, perché lo stesso lavoro non esisterà mai più, perché non esiste la stessa conoscenza essendo così dinamica e così forte. Allora noi aprimmo questa stagione, la riforma del mercato del lavoro, la Legge Biagi. Oggi siamo a discutere di questo tema qualche ora dopo che è stata impostata una manovra, i cui contenuti non sono ancora chiari ma a me appaiono assoluta- mente contraddittori, peraltro celebrando in maniera particolarmente enfatica la cancellazione e i passi indietro sul cosiddetto Jobs Act, negando cioè esattamente il punto fondamentale sul quale si aprono la grande partita e la grande sfida che noi abbiamo come Paese: la capacità cioè di renderci intelligentemente protagonisti di una trasformazione sociale e culturale, e dei sistemi di formazione, e della Pub- blica Amministrazione, e delle istituzioni, per consentire il vantaggio competitivo più grande che abbiamo in Italia, cioè alle nostre imprese e alla nostra imprendito- rialità, al nostro capitale umano di fare il nostro lavoro, cioè creare sviluppo e creare occupazione. Perché non c’è niente da fare, non c’è niente che cambi veramente radicalmente le condizioni del ceto medio e delle famiglie italiane se non la crea- 6. Intervento conclusivo 105

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