Torino2018 CONVEGNO NAZIONALE La rivoluzione digitale

tire dall’inizio di questo secolo si potevano usare negli acquisti altre valute, non solo la valuta locale, quindi c’era non solo un problema di trattativa, di sconto e di prezzo, ma c’era un problema di cambio di valuta e quindi euro, dollari e così via. Da un paio d’anni, se si gira per mercatini in Cina, il venditore tira fuori il suo smartphone, ti chiede che lingua parli e, ovviamente tramite lo smartphone, dialoga e contratta il prezzo, tu parli in inglese, lui parla in cinese e due mondi “alieni” si parlano fra di loro. E in questo modo tra l’altro non fanno più solo la trattativa sul prezzo, su un numero, ma discutono della qualità dell’oggetto, di- scutono della sua autenticità e così via. Quindi è veramente una rivoluzione sociale, non è soltanto una rivoluzione industriale. Come è messo il nostro Paese dal punto di vista di questa rivoluzione? Io ho un passato confindustriale piuttosto lungo, come molti dei colleghi qui presenti sanno bene, e quindi ho chiesto a Confindustria, all’amico Montanino, Direttore del Centro Studi, di darmi qualche indicazione. Non siamo messi benissimo. Come già Maurizio Sella evidenziava nelle sue slides, l’Italia è un Paese prevalentemente di piccole imprese. I grandi investimenti in questa tematica sono prevalentemente fatti dalle grandi imprese, e di queste in Italia ne sono rimaste purtroppo poche. La media impresa per fortuna è innovativa, ma se si fa una statistica, come ha fatto Confindustria, si scopre che il 50% delle imprese sotto i cinquanta dipendenti è totalmente analogica. Al contrario, il 50% delle imprese sopra i duecentocinquanta dipendenti ha già investito sul digitale, percentuale che poi aumenta addirittura all’88% se si considerano anche le propensioni a investire sul digitale e non quello che si è effettivamente già fatto. Quindi esiste un gap su questo tema che deriva dalla dimensione, perché la dimensione media delle imprese, ad esempio in Francia e in Germania, è decisamente superiore rispetto alla nostra. Poi c’è un altro tema fondamentale, ed è il tema della formazione. Perché noi vi- viamo in un Paese che è alla ricerca disperata di creare posti di lavoro però abbiamo una formazione che non genera le figure professionali di cui l’impresa ha bisogno, in particolare in questi settori. Faccio un esempio: gli ITS in Italia hanno 9 mila iscritti, mentre in Germania ne hanno più di 700 mila e in Francia più di 500 mila. Credo quindi che sia il momento che il nostro Paese prenda coscienza che è in atto una rivoluzione che cambierà completamente i prodotti, i servizi, il modo di La rivoluzione digitale 54

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