Torino2018 CONVEGNO NAZIONALE La rivoluzione digitale

mente accettabili da tutti, che i nipoti della generazione successiva sarebbero stati otto volte più ricchi della generazione precedente. E diceva: «La gente non avrà più bisogno di lavorare. Potrà godere della pigrizia naturale che applicherà non alla voglia di non fare nulla ma alla voglia di fare delle cose interessanti, come la cultura, la musica eccetera, eccetera». Ma lui pensava che la crescita della ricchezza sarebbe stata divisa tra la gente, e la ragione è perché l’economia non crolla quando non ci sono più lavoratori, ma quelli che credono alla fine del lavoro pensano che non vi saranno più occupati. Allora dicono, come ha detto un candidato socialista alle elezioni francesi: «Quando non ci sarà più lavoro faremo un reddito di citta- dinanza». Credo che esista anche in Italia. Il problema è permettere ai disoccupati di continuare a vivere, ma questa tesi è assolutamente falsa. È assolutamente falsa perché ci si può chiedere: «Se non c’è più nessuno che compra le merci, perché le imprese continueranno a produrre?». Questo significa non solo la fine del lavoro ma la fine dell’economia, la morte dell’economia. L’attuale realtà economica, secondo questa teoria, verrebbe sostituita da una specie di pianeta delle scimmie in cui i robot sarebbero le scimmie del futuro e produr- rebbero per loro, non per gli umani che non sarebbero più in grado di pagare la produzione perché privi di una fonte di reddito. Questa è la visione frequente- mente presentata come conseguenza della rivoluzione digitale. Ritengo che si debba essere contrari, perché la rivoluzione digitale è da intendersi come una buona notizia in quanto il nostro benessere andrà a crescere in modo significativo. L’altra filosofia, o teoria, o visione, perché è una visione basata sulle cifre, è quella della stagnazione secolare che afferma esattamente il contrario: «Ah, va bene, non si vedono gli aumenti di produttività». Già un famoso economista, che si chiama Robert Solow, aveva detto negli anni Ottanta: «Si vedono i computer dappertutto, salvo le statistiche», voleva dire che non si vedeva sul Pil, sulla crescita del Pil. E un altro economista, Robert Gordon, che ha fatto un lavoro veramente rimarca- bile, sostiene che osservando i dati la produttività è in costante discesa dall’inizio della rivoluzione di quello che abbiamo prima chiamato “le tecnologie dell’infor- mazione e della comunicazione”, che adesso chiamiamo 4.0, e domani non lo so, 6.0 diciamo. Dunque sarà così? Lui ha fatto questo studio per tutti i Paesi ed è vero che la produttività scende in modo regolare dall’inizio. Dalla metà degli anni La rivoluzione digitale 74

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