Torino2018 CONVEGNO NAZIONALE La rivoluzione digitale

sformazione digitale che io ho fatto partire tre anni fa, devo dire la verità, l’ho fatta partire non perché avevo letto un bel report della McKinsey, non perché avevo letto… non lo so, i Cavalieri del Lavoro o quello che è, ma perché girando in Nuova Zelanda mi son messo a parlare con uno che m’ha detto: «Come fac- ciamo noi marketing è un disastro», è un ragazzotto che avevamo assunto, che aveva – non so – 26 anni. E io gli ho detto: «Perché?» e lui mi ha detto: «Guarda» e mi ha fatto vedere. Allora ho cominciato a grattarmi la testa e a dire… Allora io l’invito che faccio sempre quando vado in giro, bisogna assumere questi, che poi siano ingegneri, matematici, fisici o quello che è, assumere e metterli den- tro le aziende a disseminare questa nuova maniera di affrontare, in maniera tale che poi l’azienda stessa si accorga che deve riformare gli altri. E poi avere il corag- gio, io qui dico: non dobbiamo resistere – l’esperienza inglese per me è importante – non dobbiamo resistere fondamentalmente al concetto che ci vengano messe delle tasse o degli incentivi a reinvestire; dobbiamo reinvestirli bene, e dobbiamo essere sicuri che poi possano rientrare in formazione. Allora se noi chiediamo flessibilità ma in cambio diamo formazione, noi assumiamo i figli dei nostri dipendenti, quindi riportiamo dentro le aziende persone con nuove competenze in maniera tale che questo concetto di speranza del futuro possa tornare. Riusciamo a sfruttare la digitalizzazione ma anche a vendere una visione positiva. Se la digitalizzazione è solo “riduciamo i costi”, che è la verità, e “riduciamo i ruoli intermedi”, che sono quelli su cui la gente costruisce la speranza di vita, la famiglia, queste cose qui, allora è ovvio che la società si polarizzerà e poi le aziende verranno viste come qualcosa da spremere per sostenere gli altri. Ma credo che sia molto importante. Un ultimo punto sull’invecchiamento. È vero, di nuovo, all’European Round Table ho visto ieri sera la statistica al 2030, l’Italia è il peggio, francamente, seguita anche dalla Germania peraltro. Però c’è anche un’opportunità, perché è vero che invecchiando si spende meno per oggetti, ma è anche vero che invecchiando si spende di più per esperienze, per la sanità, per altre cose. Di nuovo, sburocratiz- zando e flessibilizzando il lavoro si apre un’opportunità di business, si apre oppor- tunità di spesa. Non è necessariamente su beni fisici, ma è su esperienze. 5. Scenario di policy: una sfida per l’Italia 91

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