Vaticano2015 La buona impresa

Questo equilibrio dinamico è la premessa per far crescere non solo la disponibilità di beni materiali, ma anche la ricchezza e la “fiducia” nelle relazioni fra gli uomini. E non c’è dubbio che, pur fra tante contraddizioni, la globalizzazione abbia avviato in molti paesi un processo di sviluppo che appariva impensabile fino a pochi de- cenni fa. L’alternativa è il rischio di un conflitto crescente, che si fa più acuto quando la crisi riduce le dimensioni della torta da dividere e divora la speranza di futuro. Si pensi solo alla difficoltà delle nuove generazioni nel progettare il domani e porre le basi di nuove famiglie. La seconda sfida e la seconda parola chiave è quella della sostenibilità. L’equilibrio del quale parliamo non è solo quello del rapporto degli uomini con i loro simili. È anche quello del rapporto con l’ambiente e della gestione delle risorse – soprat- tutto di quelle non rinnovabili – del pianeta che ci è stato assegnato e del quale dobbiamo sentirci i custodi, oltre che gli abitanti e gli utilizzatori. Quando questa responsabilità viene dimenticata, o peggio ancora volutamente ignorata, si accelera il processo di crescita delle disuguaglianze e quello di un depauperamento appunto delle risorse della terra le cui conseguenze saranno pagate dalle generazioni future. I paesi più poveri sono spesso vittime di una doppia ingiustizia. Quella che si consuma ai danni dei loro abitanti, lasciati ai margini sia della crea- zione che della distribuzione dei benefici del progresso economico e scientifico. E quella dello sfruttamento dissennato delle loro ricchezze naturali, consumate a van- taggio di altri anziché valorizzate per ridurre le distanze fra i primi e gli ultimi. È d’altronde la stessa natura a suonare un campanello d’allarme che non può essere ignorato. I cambiamenti climatici fanno ormai sentire le loro conseguenze ovunque. E i fenomeni meteorologici di inaudita intensità ai quali siamo ormai costretti ad abituarci, come inondazioni, siccità, carestie ed uragani, colpiscono in primis ancora una volta i più deboli ed indifesi, ma finiranno inevitabilmente per colpire tutti. L’ultimo tema è quello del dialogo come forma dell’incontro delle differenze. Già nel diciottesimo secolo gli intellettuali si interrogavano sugli effetti dello svi- luppo dei commerci e delle reti delle relazioni fra i diversi paesi. Avrebbero favorito la pace o creato le condizioni per guerre sempre più violente? La storia ci insegna che la risposta a questa domanda è nelle mani degli uomini. E questo è tanto più 1. Incontro con Papa Francesco 15

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