Abbiamo un problema molto significativo da questo punto di vista. L’Europa spende 50 miliardi di euro l’anno per i riparare i danni che abbiamo creato al suolo e questo è fondamentale perché ci dà il cibo, ma non solo la qualità del cibo. Regola le acque ed è anche un fattore fortissimo di calderazione del clima perché nel suolo la presenza del carbonio è 2,5 volte maggiore che nell’atmosfera e quindi una gestione intelligente mitiga il clima e, invece, una gestione non intelligente permette di creare grandissimi problemi. In pratica, non solo, per noi il suolo è significativamente importante perché è legato alla biodiversità particolare del nostro Paese, ma c’è da considerare che è legato al made in Italy, perché sul made in Italy noi abbiamo delle risorse importantissime e ci giochiamo anche il nostro futuro. Quindi è basilare rigenerare il suolo, che è un common good, come tale, supporta la tragedia dei common goods, in quanto non c’è un sistema giuridico. Questo è un punto fondamentale, secondo me, su cui insistere per permettere di gestire in modo adeguato la risorsa immateriale dei common goods. Quindi è indispensabile che noi rigeneriamo le risorse comuni e non pensiamo solamente ad estrarre risorse. La bioeconomia, dal mio punto di vista – la bioeconomia intesa come metasettore – è un’area fondamentale da cui partire per ristorare, per fare in modo che ci sia una rigenerazione delle risorse, è necessario in pratica imparare a fare di più con meno, che è la grande sfida che abbiamo di fronte. Non solo, la bioeconomia intesa come rigenerazione territoriale, quindi porre le radici nel territorio, nella cultura, nella specificità dei territori, con l’interconnessione tra settori, non solo il ragionamento su una tecnologia. Il discorso della tecnologia è importantissimo, ma deve essere declinato in una logica sistemica, altrimenti non faremo quel salto culturale necessario, perché se noi disaccoppiamo lo sviluppo dalle risorse, non riusciamo a risolvere il problema. Noi dobbiamo imparare a vivere nei limiti del naturale, quindi anche la digitalizzazione è fondamentale, ma va vista sempre nella logica di territori e di filiere integrate su cui poter agire davvero. La bioeconomia circolare, quindi, è la grande sfida che abbiamo di fronte e credo che il PNRR dovrebbe giocare moltissimo su questo ruolo e immaginare quell’in4. Transizione ecologica ed energetica 95
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