Il mondo del vino italiano sta soffrendo la crisi innescata dall’emergenza coronavirus. La chiusura di ristoranti, locali e bar ha provocato un crollo delle vendite, mentre il giro d’affari delle aziende del settore che lavorano con la grande distribuzione ha limitato i danni a una flessione del 20%. Anzi, nel corso del lockdown, molte aziende si sono lanciate su un canale di vendita ancora poco esplorato, l’online, scoprendo una buona opportunità di crescita. Ma, in vista della ripresa delle attività, il settore italiano del vino chiede più coraggio nella riapertura di bar e ristoranti e un’energica campagna di promozione del prodotto e del turismo in Italia. “Essere parte del settore agroalimentare ci ha salvato dalla chiusura. La situazione è difficile, ma nelle aziende si continua a lavorare“, spiega Sandro Boscaini, presidente di Federvini, l’associazione di Confindustria dei produttori, esportatori e importatori di vini, spumanti, liquori, sciroppi e aceti, che rappresenta 340mila strutture produttive per un giro d’affari di 25 miliardi di euro e 1,2 milioni di addetti.
Secondo le stime, le prime sette settimane dell’emergenza coronavirus hanno provocato una riduzione del 2% dei volumi di tutto il settore beverage e del 10% del valore. Ma la crisi e la chiusura delle attività hanno colpito in modo molto diverso le imprese del settore, che vanno dai produttori in proprio, alle cooperative ai grandi gruppi internazionali, dagli esportatori agli imbottigliatori. “Il settore registra una perdita che va dal 75-80% per le aziende che vivono esclusivamente sull’Horeca”, acronimo che indica hotel, ristoranti e bar, “al 20% per chi lavora con la grande distribuzione”, sottolinea Boscaini.