«Quando sento dire che il tessile è un settore maturo, prima ancora di capire cosa esattamente intenda il mio interlocutore, sorrido: come potrebbe essere altrimenti, mi viene da chiedere… ogni rivoluzione industriale è iniziata col tessile. Ma il punto è che il nostro settore continua a essere rivoluzionario». Laura Colnaghi Calissoni, presidente del gruppo Carvico, inizia così il racconto dei primi 60 anni dell’azienda che guida e della quale è azionista dalla prematura scomparsa del marito, avvenuta nel 2005. Bastano pochi minuti a capire che sia una donna eccezionale: laureata in giurisprudenza è appassionata di arte ma anche di sport (ha 14 titoli mondiali ai campionati Master di sci di fondo). Incarna la forza gentile di una leadership femminile di successo e allo stesso tempo la lucidità che solo le donne sanno avere quando acquistano consapevolezza delle loro capacità.
Oltre all’azienda principale, che ha sede nel bergamasco, del gruppo fanno parte altre due imprese lombarde, Jersey Lomellina ed Eurojersey, specializzate in tessuti circolari elasticizzati per abbigliamento intimo, beachwear e fitness, e, nel caso della seconda, anche per marchi di alta gamma. Ci sono poi due aziende all’estero, Hung Yen Knitting & Dyeing, con sede in Vietnam, e la Carvico Ethiopia. Nel 2021 il fatturato ha superato i 260 milioni, con un export dell’80% e mille dipendenti nel mondo, 600 dei quali in Italia. «Abbiamo affrontato molte crisi, anche prima del Covid. Il problema di quella attuale è che la variabile energetica è quasi interamente fuori dal nostro controllo e la parte della filiera dove siamo noi è a tutti gli effetti energivora – sottolinea Laura Colnaghi –. I listini andranno adeguati, non ci sono molte scelte, ma non taglieremo gli investimenti in formazione e ricerca, che sono l’unico modo per andare oltre il presente e progettare il futuro». Pur non essendo quotato, il gruppo Carvico ha standard Esg che piacerebbero a qualsiasi investitore, dall’attenzione alle persone a quella per l’ambiente, passando per la meritocrazia interna e la percentuale di donne ai livelli manageriali più alti. «Non mi convincono del tutto le quote rosa, preferirei affrontare le disuguaglianze, che certamente in Italia esistono, colmando i gap culturali che ancora vedo nel nostro Paese – spiega la presidente di Carvico –. Gli uomini devono imparare a condividere le responsabilità della genitorialità, ad esempio, ma le donne non devono cadere nella trappola di dare sempre ad altri le colpe dei propri insuccessi. Serve più responsabilità da parte di tutti, individui, aziende, istituzioni».