Cerimonia di consegna dell’onorificenza
ai 25 Cavalieri del Lavoro nominati il 2 giugno 2019
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Intervento di Antonio D’Amato
Presidente
Federazione Nazionale Cavalieri del Lavoro
Roma, 22 ottobre 2019
Signor Presidente,
Autorità,
Signore e Signori,
Cari Colleghi,
oggi, con il conferimento delle insegne di Cavaliere del Lavoro, viene riconosciuto il contributo che 25 imprenditori hanno offerto al Paese, al mondo dell’impresa, dell’economia e del lavoro.
Vengono premiati donne e uomini che, con la loro capacità di rischio e con il duro lavoro di tutti i giorni, hanno fatto crescere le loro aziende e, al tempo stesso, il contesto sociale e civile nel quale operano.
Imprenditori che, insieme a ciascuno di noi che li ha preceduti, provano una comprensibile soddisfazione e, soprattutto, un legittimo orgoglio per questo riconoscimento che non è un traguardo, ma un ulteriore stimolo a fare meglio e di più.
Insieme con i neo Cavalieri vengono anche premiati i 25 migliori studenti diplomati dalle scuole medie superiori italiane, gli Alfieri del Lavoro.
Giovani che, con il loro talento e il loro impegno negli studi, hanno dimostrato di essere pronti ad affrontare le sfide che il futuro riserverà alla loro generazione.
Lavoro, responsabilità e merito sono le pietre angolari di una società equa, giusta e inclusiva.
Rappresentano i valori fondanti della nostra Repubblica. L’impegno di tutti noi è renderli ancor più radicati e diffusi. I Cavalieri del Lavoro e gli Alfieri del Lavoro sono testimoni delle energie positive e delle intelligenze della nostra Italia.
Un Paese, il nostro, che potrà fare molto di più e meglio se riuscirà a liberarsi dai suoi vecchi ritardi, dalle sue ingessature e a ridare spazio al suo patrimonio di creatività, di capacità di lavoro e di intrapresa.
Noi italiani abbiamo nelle nostre mani uno straordinario potenziale di crescita e di sviluppo.
Ma sono anni, ormai, che non riusciamo ad esprimerlo. E questo non solo e non tanto per via dei vincoli esterni con cui pure dobbiamo fare i conti, quanto piuttosto per la mancanza di quelle riforme indispensabili per rendere il nostro sistema-Paese più competitivo e più moderno: da una maggiore flessibilità del mercato del lavoro ad una giustizia efficiente e veloce, dalla semplificazione della Pubblica amministrazione ad un fisco meno oppressivo e più trasparente.
Il vero punto di partenza, però, non può che essere l’investimento sulla formazione dei giovani. L’education è sempre stata un’assoluta priorità, ma da troppi anni, anziché potenziarla, viene compromessa da riforme parziali e spesso inadeguate.
Oggi, per fare della formazione un volano di crescita civile e di sviluppo economico, va ricentrato tutto il sistema educativo, dalla scuola primaria all’università, su tre obiettivi fondamentali: merito, opportunità ed eccellenza.
Occorre poi rilanciare in maniera significativa gli investimenti, sia quelli pubblici, sia quelli privati. Dobbiamo riprendere a investire su noi stessi, attuare un grande programma di potenziamento delle infrastrutture, dall’adeguamento delle reti materiali e immateriali alla manutenzione e riqualificazione del territorio fino al risanamento ambientale e idrogeologico.
Dobbiamo rispettare di più le nostre città, il nostro patrimonio artistico, il nostro territorio che tutti ci invidiano. Siamo chiaramente in sofferenza dopo oltre due decenni di mancanza di investimenti.
Tutto ciò indebolisce non solo la qualità della vita e della convivenza civile, ma anche la competitività del sistema Paese e la nostra credibilità agli occhi del mondo. Accanto agli investimenti pubblici dobbiamo ridare slancio anche a quelli privati.
Dobbiamo ridare fiducia agli imprenditori italiani ed esteri perché l’Italia possa, in maniera significativa, attrarre investimenti per allargare la base produttiva e per creare nuove e migliori opportunità di lavoro che valorizzino il saper fare italiano.
Ma questo è possibile solo se finalmente rimettiamo riforme e rigore, competitività e sviluppo al centro dell’attività di governo oltre che come primo punto dell’agenda delle priorità del Paese.
Non c’è dubbio che le crescenti emarginazioni e disuguaglianze sociali e territoriali richiedano più investimenti in equità.
Occorre, però, con chiarezza ricordare che per distribuire ricchezza bisogna innanzitutto crearla e che l’Italia da oltre dieci anni è un Paese a crescita zero.
L’emergenza sociale rende quindi ancora più cogente la necessità di riavviare il motore economico italiano.
Questo percorso di riforme, rigore e crescita è una strada obbligata anche per recuperare sul piano europeo e internazionale un ruolo da protagonisti.
Il nostro è uno dei paesi fondatori dell’Europa. Per la nostra storia, per la nostra cultura, per il nostro peso economico e industriale, abbiamo un ruolo fondamentale da svolgere nella costruzione di un’Europa più unita sul piano politico, più integrata sul piano istituzionale e più competitiva su quello economico.
L’Europa è la dimensione indispensabile alla quale noi dobbiamo saper guardare. Se rimarrà divisa, non solo l’Europa non avrà futuro, ma nessuno dei Paesi del vecchio continente avrà un ruolo da svolgere o un peso da far valere in un mondo sempre più globalizzato e caratterizzato da nuove polarizzazioni egemoniche che proiettano ombre minacciose e preoccupanti oltre che sul piano dell’economia anche su quello geopolitico.
L’Europa può al contrario essere decisiva nel garantire la pace, difendere la democrazia, assicurare la sostenibilità del pianeta e diffondere la civiltà nel mondo.
Questo non solo perché siamo un mercato grande e ricco, ma soprattutto per storia, cultura e capacità di creare progresso e benessere sociale.
È per questo che vogliamo un’Europa più consapevole e più protagonista.
Signor Presidente, l’Italia ha bisogno di politiche incisive, perché gli effetti della crisi continuano a farsi sentire sull’economia, e in misura ancora più significativa sull’occupazione e sul Mezzogiorno.
Oggi più che mai, siamo dunque chiamati tutti a dimostrare senso di responsabilità, determinazione nel perseguimento degli obiettivi comuni, capacità di catalizzare credibilità e generare fiducia.
Con questo incontro si concludono i miei sei anni alla guida della Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro.
Desidero ringraziarLa, a titolo personale e a nome di tutti i miei Colleghi, per la vicinanza che sempre ha espresso nei confronti dei Cavalieri del Lavoro.
Ma, soprattutto, desidero ringraziarla per l’autorevolezza con cui Ella assicura la difesa dell’unità dell’Italia e dei principi della Costituzione e per l’azione instancabile che svolge, giorno dopo giorno, mettendo sempre al centro il bene del Paese.
Questo, il bene del Paese, è il valore supremo che dobbiamo saper recuperare. I nostri padri hanno saputo ricostruire l’Italia dalle macerie del dopoguerra grazie a una coesione di fondo dei ceti dirigenti nonostante le profonde divisioni ideologiche del tempo.
Oggi, abbiamo nuove sfide altrettanto cogenti ed importanti da affrontare. E i ceti dirigenti del Paese devono saper dimostrare unità e senso di responsabilità per il bene comune.
I Cavalieri del Lavoro sapranno fare la loro parte.
Grazie di cuore, Signor Presidente