Conte gli ha affidato un paio di mesi fa. In una prima fase il suo comitato ha guidato la riapertura graduale di «attività essenziali, poi manifattura, costruzioni, servizi, con soluzioni e presìdi che applicheremo anche ad altri settori». E adesso, dottor Colao? «Adesso si tratta di far ripartire il Paese, trasformando il rilancio economico e sociale in un’occasione per disegnare il futuro e tenendo a mente una cosa fondamentale: i costi inevitabili e altissimi che dovremo affrontare per questa crisi possono, anzi debbono, essere trasformati in investimenti. Nel breve termine bisogna investire per ripartire e mantenere la coesione sociale; nel più lungo periodo gli investimenti devono servire a disegnare un’Italia più efficiente e migliore per le nuove generazioni, per quelli che avranno venticinque o trent’anni a metà di questo decennio e che oggi si trovano ad affrontare una situazione particolarmente difficile. A loro dobbiamo passare un Paese appoggiato sù pilastri solidi». Debito pubblico altissimo, tensioni sociali, aiuto dell’Europa non sempre facile. Davvero in Italia questa grande crisi si pub trasformare in un’opportunità? «La risposta è una sola: dobbiamo fare il meglio che possiamo per ammodernare e rinforzare e rimuovere problemi e arretratezze del Paese. Non ci sono alternative. Quando siamo a un rapporto tra debito pubblico e Pil che è al 135% e magari andrà al 160%, la cosa giusta che possiamo fare, anche per lealtà e dovere nei confronti delle prossime generazioni, è migliorare infrastrutture chiave, competenze e tessuto economico. Non possiamo avere il rimpianto di non averci almeno provato». E dunque, quali saranno le vostre indicazioni? «Al governo daremo una sorta di menù, dal quale poi sceglieranno. Ma sarà un menù dettagliato, anche con schede degli interventi da fare a 3,6, 12 mesi. Ad esempio non si può pensare di portare sul cloud la pubblica amministrazione in poco tempo, ma si possono rapidamente effettuare interventi di semplificazione e velocizzazione dei regimi autorizzativi».