Lo stupore, prima di tutto. Quello di trovarsi di fronte a una mostra im A portante, nella quale si schiudono, uno dopo l’altro, mondi che di solito non siamo abituati a pensare all’interno di uno spazio espositivo. Eppure, un impianto idroelettrico, una ferrovia, un ponte, una linea metropolitana possono diventare l’oggetto di un racconto «artistico» illuminante e pragmatico, che spiega, in maniera al contempo creativa e divulgativa, come queste grandi opere, inserite nell’ottica di un «dietro le quinte», possano contribuire per esempio allo sviluppo del territorio, alla riduzione dell’inquinamento, alla protezione di milioni di persone da un’inondazione, alla creazione di spazi culturali. In sintesi estrema: alla costruzione del futuro.
Quello di tutti. Ed è proprio Costruire il futuro il titolo della mostra promossa dal Gruppo Webuild con Triennale Milano (3-26 marzo, ingresso gratuito) nelle sale di Viale Alemagna, in una sinergia tra impresa e cultura. La «presenza» della mostra appare fin dall’esterno della Triennale, dove è stata posizionata la testa fresante (diametro di 6,7 metri per 58 tonnellate di peso) di una delle sei talpe meccaniche impiegate da Webuild — gruppo leader nel mondo per la progettazione e costruzione di grandi opere complesse — per scavare le gallerie della nuova Linea Blu, la 4, della Metropolitana di Milano. Questo pezzo potrebbe, fra l’altro, tranquillamente essere scambiato per un’opera d’arte ed evocare, per associazione, alcuni lavori di Arnaldo Pomodoro e di Arcangelo Sassolino. La mostra — che ha come sottotitolo Infrastrutture e benefici per persone e territori — è un viaggio multimediale e interattivo attraverso 8 diverse aree tematiche (disposte in un percorso a ferro di cavallo): Ferrovie (avvicinare), Metropolitane (collegare), Ponti e strade (unire), Acqua (nutrire), Dighe e impianti idroelettrici (prosperare), Monumenti ed edifici (rigenerare), Guidare il cambiamento, Ii futuro, adesso (immaginare).
Le prime 6 aree, come si evince dai loro nomi, sono dedicate ai principali settori dei quali Webuild si occupa e alle opere iconiche realizzate nel mondo, mentre la settima approfondisce invece le tecniche di costruzione e le innovazioni tecnologiche, in grado di garantire progetti sempre più vicini a quel concetto di sostenibilità, tutela della salute e della sicurezza della comunità, concetti oggi più che mai necessari. Completa infine il percorso l’area più avveniristica, in cul vengono raccontate le grandi sfide dell’ingegneria moderna, intesa come un approdo al futuro: perché solo i progetti che sanno guardare lontano nel tempo sono quelli che durano, che pongono delle basi. Spiega Pietro Salini, amministratore delegato di Webuild: «In mostra raccontiamo il futuro delle infrastrutture e quanto sia fondamentale oggi definire un programma illuminato a lungo termine di sviluppo nel settore, perché cambi in meglio la vita delle prossime generazioni». Ogni sezione della mostra verrà messa in dialogo con installazioni site-specific, affidate a Triennale Milano — e firmate da Fosbury Architecture (il giovane collettivo nominato curatore del Padiglione Italia per la Biennale di architetture 2023 di Venezia), Michel Desvigne Paysagiste, Bureau Bas Smets, Studio Ossidiana con Giovanni Hänninen, Superflux, Catherine Mosbach con Shandor Chury (Ovvo Studio) —, che aprono ulteriormente la riflessione a nuovi interrogativi, allargando lo sguardo agli ecosistemi.
Ci sarà una grande installazione immersiva di Webuild, in cui sarà possibile camminare per esempio lungo il Ponte San Giorgio di Genova, ricostruito dopo la tragedia del Ponte Morandi, osservare la maestosità delle dighe etiopi, addentrarsi nel tunnel dove viene costruita l’alta velocità ferroviaria, o in quelli delle metropolitane, ammirare dagli spalti la bellezza dell’Al Bayt Stadium, che ha ospitato i Mondiali 2022 in Qatar. In una zona dedicata alla sicurezza, il visitatore potrà inoltre mettersi alla prova con un simulatore e dei visori che, in versione più tecnica, sono usati nei cantieri per promuovere una nuova cultura della sicurezza. «Quello che vogliamo celebrare — puntualizza Salini — è il saper fare, una capacità realizzativa che si avvale di un grande gioco di squadra con la filiera tutta, che ogni giorno ci vede impegnati con 15 mila imprese nel mondo. Con loro abbiamo realizzato nel corso degli anni 3.20o progetti, e stiamo oggi lavorando a oltre 15o progetti che non sarebbero possibili senza la passione e la determinazione quotidiana di donne e uomini che stanno costruendo queste opere». Puntando anche sui giovani e la loro formazione. A chi, se non a loro, spetterà il compito di Costruire il futuro?
Articolo pubblicato il 28 febbraio da Il Corriere della Sera