Articolo pubblicato nella rivista n.1/2024 di Civiltà del Lavoro
II panorama del commercio globale è attualmente sottoposto a un’enorme pressione e confrontato con una confluenza di sfide che vanno dalla guerra in Ucraina, ancora in corso, alle più recenti tensioni geopolitiche nell’area medio orientale.
Tra queste ultime, gli attacchi dei ribelli yemeniti Houthi alle navi che transitano nello stretto di Bab-el-Mandeb sono emersi come uno sviluppo particolarmente preoccupante per il commercio internazionale, ponendo una minaccia significativa al regolare flusso delle merci e creando interruzioni e ritardi a corridoi commerciali vitali. Lo stretto di Bab el-Mandeb, situato all’ingresso meridionale del Mar Rosso, è un punto critico per il commercio internazionale. Da esso passano tutte le navi in provenienza dal Far East e in navigazione verso il Mediterraneo attraverso il canale di Suez, e viceversa, fungendo quindi da porta d’ingresso per oltre il 15% del commercio globale e per oltre il 30% del traffico merci containerizzato. Lo stretto collega infatti il Mar Rosso al Golfo di Aden e all’Oceano Indiano, facilitando il trasporto di petrolio, gas naturale e altri beni, essenziali e non, tra Asia, Africa ed Europa.
L’impatto dell’attuale situazione geopolitica in Medio Oriente è multiforme. In primo luogo, molti armatori operanti su rotte Asia-Europa-Asia hanno deciso di far evitare alle loro navi la rotta più breve che attraversa il Mar Rosso e il canale di Suez, deviandole su quella che invece circumnaviga il continente africano.
Se, da una parte, ciò permette di evitare premi assicurativi addizionali che hanno ormai raggiunto valori a sei cifre – frutto dell’indiscutibile aumento del rischio, ma non esenti da una componente speculativa da parte dei mercati – e il pedaggio considerevole per l’attaversamento di Suez, d’altra parte comporta un incremento del tempo di percorrenza quantificabile in circa dieci giorni a tratta. Ciò si traduce in viaggi circolari Europa-Far East-Europa di circa tre settimane più lunghi del previsto, con impatti molto rilevanti in termini economici, ambientali e logistici, questi ultimi a causa dell’interruzione o allungamento delle catene di approvvigionamento globali e dell’incremento dei costi di spedizione a causa della maggior durata del viaggio, già sotto pressione a causa di altri fattori.
Inoltre provoca carenza di beni e semilavorati, in particolare nelle regioni più dipendenti dalle importazioni, e rischia di ostacolare molte attività produttive, obbligando interi settori industriali a interrompere il loro ciclo per mancanza di componenti.
Quanto precede senza contare i possibili riflessi sulla disponibiltà di beni di primissima necessità, come alimenti e prodotti farmaceutici, e sui costi delle materie prime che, per il momento però, sembrano non essersi manifestati, ma il cui rischio non è possible escludere. In risposta a queste sfide, i governi e le organizzazioni internazionali stanno adottando misure per rafforzare la sicurezza marittima e la cooperazione nella regione del Mar Rosso e del Golfo. Questi sforzi includono un aumento delle pattuglie navali, una maggiore condivisione dell’intelligence e la collaborazione sui quadri di sicurezza marittima.
In questo contesto, le navi battenti bandiera italiana possono contare sull’attivo supporto della nostra Marina Militare, le cui unità in pattugliamento nella zona riducono molto significativamente la sensazione di insicurezza. Proprio grazie alla presenza della nostra Marina, alla quale non posso non approfittare per esprimere la nostra sentita gratitudine, la quasi totalità delle navi del nostro Gruppo impegnate in linee regolari tra Europa e Far East, sta continuando ad attraversare il Mar Rosso nonostante gli esorbitanti costi assicurativi, evitando così il periplo dell’Africa e i ritardi e le maggiori emissioni che ne conseguirebbero.
Va tuttavia osservato che è indispensabile un approccio più globale, che affronti le cause alla base dell’instabilità e promuova la fine delle ostilità in Israele/Palestina ed una soluzione di lungo termine coerente con il dettato delle risoluzioni Onu.
Affrontare attraverso le diplomazie le cause profonde dei conflitti e dell’instabilità nella regione è, credo, l’unico modo per garantire la sicurezza del transito marittimo e la stabilità del commercio globale nel lungo termine, senza contare il più importante obiettivo della sicurezza e del benessere delle popolazioni civili in quelle zone.
Gianluca Grimaldi è stato nominato Cavaliere del Lavoro nel 2014. È presidente di Grimaldi Group, azienda di famiglia attiva nel settore armatoriale dal 1947. Sotto la sua guida, insieme al fratello, dal 2000 ha triplicato la flotta, oggi conta circa 140 navi tra roll-onlroll-off, car carrier e traghetti. Il gruppo ha oltre 17. 000 collaboratori. Ogni settimana tocca più di 140 scali marittimi in 50 paesi del Mediterraneo, Nord Europa, Africa Occidentale, Nord e Sud America con elevatissimi standard di sicurezza e ambientali