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I piani di Prysmian «Più rinnovabili e vogliamo anche l’America»

27.09.2022

È una eccellenza italiana. E per una volta non è una pmi. In Borsa capitalizza 8,5 miliardi di euro, vende alta tecnologia in cinque continenti e controlla circa il 35 per cento del mercato mondiale dei cavi. Prysmian trasporta energia. La prende dove si produce e la porta dove serve: città, fabbriche, Paesi lontani.  Valerio Battista ne è l’amministratore delegato dalla nascita, una ventina di anni fa.

Ingegner Battista cosa chiedete al governo che sta uscendo dalle urne?

«Di fare le cose in modo onesto e corretto e di non fermarsi alle parole. Facciamo vedere che sappiamo fare le cose».

Qual è la prima cosa da fare?

«L’obiettivo mi pare chiaro: raggiungere l’autonomia energetica del Paese e dell’Europa».

Contro questa crisi energetica non prevedibile, si poteva fare meglio?

«Lo dimostra la Spagna, che ha circa il 5o per cento della generazione energetica di provenienza rinnovabile. Grazie al vento e al solare è diventata una tra le economie europee meno dipendenti dalle fonti fossili. Quanto alla prevedibilità, mi pare che il rischio fosse abbastanza chiaro».

Solare o eolico?

«Inizialmente ero un fan dell’eolico, ora la penso diversamente. Non perché il solare sia meglio dell’eolico, ma è molto complementare. Ha costi contenuti e sono convinto avrà un notevole sviluppo. Qual è il problema del solare? Che i pannelli di silicio sono prodotti per la maggior parte in Cina. E dobbiamo evitare di legarci a singole nazioni produttrici. Vedo quindi con favore la scelta di Enel di costruire la gigafactory per i pannelli solari».

Preoccupato?

«No, per una volta sono ottimista. Quando il gioco si fa duro, gli occidentali sono capaci di reagire e anche di vincere. E quando il gioco non è duro che siamo un po’ mollaccionb>.

Trovarla ottimista è un cambio di paradigma del tutto inaspettato.

«Sono ottimista per due ordini di motivi. II cambio delle fonti energetiche porterà grandi benefici alla popolazione e ai lavoratori di questo settore».

Come valuta ll Pnrr?

«Per ora in Italia non si vedono effetti importanti. C’è Enel, che ha aumentato il suo fabbisogno di cavi per sviluppare le reti di media tensione, così come Terna per le grandi interconnessioni. Noi facciamo la nostra parte e siamo di entrambe fornitori importanti, ma gli effetti al momento sono limitati. Cl sarebbe qualcosa in ambito telecom, ma nostri si stanno rivelando sforzi inutili in quanto il mercato è fortemente orientato alla fibra low cost asiatica».

Si fa un gran parlare di transizione energetica. Quale soluzioni?

«Una sola, le rinnovabili. Eollco in primis, ma anche solare, che occupa tanto spazio e che quindi risulta dl difficile utilizzazione in Paesi densamente popolati. L’alternativa è metterli in Paesi molto assolati e poco popolati e trasportare, via cavo, l’energia lì raccolta nei centri di consumo».

Non sembra semplice. 

«Ci sono due grandi progetti allo studio. Uno, Xlinx, che dal Marocco avrà destinazione la Gran Bretagna, l’altro, Suncable, che dal centro dell’Australia porterà l’energia a Singapore. Circa 4.600 chilometri di cavo sottomarino, a una profondità di oltre 2 mila metri. Noi su questo secondo progetto crediamo di più, ma entrambi hanno un evidente limite nel financing».

Quali sono i parametri di costo e di ricavo dell’energia così generata?

«Credo si possa parlare di uno spread davvero importante tra i costi di generazione in Australia e il livello di prezzi che Singapore è disposto ad assorbire. Questo progetto ci vede affiancati a Suncable e lo stiamo studiando con loro».

È iniziata una stagione che si annuncia «calda» a causa del freddo.

«Dovremo resistere all’inverno. Nelle case probabilmente non si potrà avere la temperatura dello scorso anno, ma saranno le aziende a soffrire. II caro energia porterà delle difficoltà e alcune aziende fortemente energivore i cui prodotti potranno essere sostituiti da quelli di aziende basate in Paesi dove il costo dell’energia è molto più bassa, avranno grandi difficoltà nel proseguire le loro attività. Bisogna intervenire. Come? Nel medio termine sostituendo l’energia fossile con le rinnovabili, nel breve non vedo nulla di male nel riaccendere le centrali a carbone».

Le previsioni di mercato vedono i volumi esplodere da qui al 2030. Quali obiettivi vi date?

«Fino al 2019-202o il mercato valeva circa 3 miliardi di commesse assegnate all’anno, ma nel 2021-22 è già schizzato a otto miliardi. Noi riteniamo che possa crescere fino a 15 miliardi nel 2030. Abbiamo una quota di mercato del 35 per cento e intendiamo mantenerla. Il che significa che potremmo passare dal miliardo di fatturato che realizzavamo in un mercato che valeva circa 3 miliardi, a 5 miliardi di fatturato su un mercato di 15 miliardi».

Servono Investimenti rilevanti.

«Abbiamo già aumentato gli investimenti a circa 35o-40o milioni all’anno. La regola è chiara: quando si fanno i soldi, si possono Investire. Altrimenti bisogna stare fermi. Noi stiamo andando bene, generiamo cassa e quindi possiamo programmare investimenti triennali superiori al miliardo La nuova guidance prevede un e itda di circa 1,3-1,4 miliardi di euro. Noi generiamo un free cash flow, che è la cassa disponibile per dare dividendi e fare investimenti, di circa 45o milioni all’anno. La salute della società è fatta dalla sua capacità di generare cassa».

State investendo in una fabbrica negli Stati Uniti.

«Sì, nel Massachusetts, vicino a Boston: a Brayton Point abbiamo acquisito un’area su cui in precedenza sorgeva una centrale elettrica a carbone e dove costruiremo la prima fabbrica di cavi sottomarini degli Stati Uniti, investendo 2oo-25o milioni di dollari. Anche il presidente Joe Biden ha voluto visitare il sito. Contiamo di iniziare la costruzione della fabbrica entro la fine del 2022. Serviranno tre anni: il primo cavo uscirà da Brayton Point all’inizio del 2026 e sarà al servizio non solo del mercato Usa».

Perché questa fabbrica?

«Perché con il Piano Biden che ha l’obiettivo di installare 3o GW di nuovi parchi eolici in mare, il mercato è partito anche negli Stati Uniti. I cavi che usciranno da Brayton Point potranno trasportare fino a 2,5 gigawatt di energia, contro una media attuale di 1,3 gigawatt. Praticamente si raddoppia la capacità». A che profondità appoggiate i vostri cavi sottomarini? «Il record lo toccheremo con il Tyrrhenian Link di Tema, il semicerchio che unisce Sardegna, Sicilia e Campania. Scenderemo a 2.45o metri di profondità. Mi piace evidenziare che íl Tyrrhenian Link è un progetto di transizione energetica interamente italiano. Il cavo lo produciamo noi a Pozzuoli, dove per realizzarlo stiamo investendo quasi cento milioni di euro, verrà posato dalla nostra nave Leonardo da Vinci, la più grande posacavi esistente al mondo, che Fincantieri ha realizzato per Prysmian e il tutto sarà a beneficio di Tema. Un made in Italy di altissimo livello tecnologico».

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Articolo pubblicato il 26 Settembre da L’Economia

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