Il servizio pubblicato sul Venerdì di Repubblica del 21 maggio 2021
A Roma Est c’è una Yale”nata ai bordi di periferia”, come canterebbe Eros Ramazzotti, che fra quelle case del Lamaro, quartiere alle spalle di Cinecittà, ci è nato e cresciuto. Un campus dove vivono e studiano una settantina di gemetti iscritti nelle varie università della capitale. Pubbliche o private, a loro scelta: l’importante che il curriculum che li ha portati fm qui sia d’eccezione. Loro s’impegnano a dare esami, a mantenere la media alta e i tempi giusti. Al vitto e alloggio, ai corsi extra, agli scambi internazionali pensano i Cavalieri del lavoro. Che quel collegio, il Lamaro Pozzani, lo hanno costruito 50 anni fa: fu inaugurato nel 1971 con l’idea di premiare il merito e di fare rete fra quella che sarebbe diventata la futura classe dirigente; e, nonostante fuori esplodesse il femminismo, per i primi venti anni è stato riservato solo ai maschi.
Residence in perfetto stile anni 70, legno pregiato e marmi, doppio nome perché Enrico Pozzani, storico presidente della Federazione dei Cavalieri per ben ventidue anni, ci mise l’idea, e Antonio Lamaro, il terreno e la costruzione. D’altra parte Lamaro era il re dell’edilizia popolare e fra il fascismo e il dopoguerra aveva edificato quartieri modello che, in diverse città, avevano preso il suo nome. Suo, negli anni Quaranta, anche il grandioso progetto Clam: Case Lamaro adAffitto Mite, destinato a realizzare «una perfetta corrispondenza tra iniziativa privata, vantaggi per le masse e interesse dello Stato».
PREMIATI AL QUIRINALE
Il collegio ha stanze singole con bagno, spazi comuni, mensa: i Cavalieri del Lavoro pagano tutto, ma non fanno sconti sui risultati. La Federazione, che quest’anno compie 120 anni, sborsa per il collegio un milione 200 mila euro l’anno, finanziati con le quote versate dai 350 iscritti (gli importi variano, ma la media si aggira sui cinquemila euro l’anno). Vi entrano più o meno una quindicina di matricole l’anno, molte fra quelle che superano la selezione già sono Alfieri del lavoro, gli studenti premiati al Quirinale perché considerati fra i migliori d’Italia. Oggi la presenza delle ragazze ha raggiunto nel collegio quota 40 per cento, le facoltà che vanno per la maggiore fra i 70 studenti sono Giurisprudenza e Ingegneria, ma ci sono anche aspiranti medici e fisici e iscritti a Lettere.
A tutti è chiesto di frequentare corsi extra di politica ed economia, del resto i Cavalieri del Lavoro sono imprenditori e l’idea di base resta la formazione della classe dirigente. Non si può dire però che il Lamaro Pozzani rappresenti una possibilità di riscatto, probabilmente chi vi è ammesso ce l’avrebbe fatta lo stesso. Avrebbe comunque ottenuto una borsa di studio e per quanto riguarda le università pubbliche, forte del suo “100” all’esame di maturità, sarebbe stato esentato dalle tasse. I risultati ottenuti, oltre che a portarli a Roma (possono fare domanda solo i non residenti), hanno permesso a questi ragazzi di vivere il sogno del college americano. Trenta hanno deciso di trascorrere i mesi del lockdown in collegio, senza tornare in famiglia. «Sono qui perché mi attirava la possibilità di vivere fuori casa, ma con altri. Mi piaceva l’idea di parlare la sera con persone che hanno interessi diversi dai miei e di non essere sempre considerata la più studiosa del gruppo» dice Aurora Abbondanza, ventenne genovese che alla facoltà di Fisica della Sapienza infila un 30 dopo l’altro, ma studia pure chitarra classica e ha alle spalle una buona carriera nell’atletica leggera. «E poi avere una stanza singola e non stare in 5 in un appartamento non è male» dice Lorenzo Graziotto da Treviso, anche lui Fisica, anche lui collezionista di 30 e youtuber da 56 mila follower con il suo canale mioffroio dove dà voce alla sua passione numero uno: la divulgazione.
Di certo sono consapevoli di vivere una condizione di privilegio. «Qui stiamo in una bolla» dice Lorenzo Farrugio che arriva da Canicattì, studia Medicina, punta a Psichiatria e ha una forte predisposizione per la politica. «Ma fuori facciamo i conti con un Paese che spende più in pensioni che in istruzione e che poco bada ai ventenni, anche perché i ventenni sono pochi e spesso non votano».
Nonostante l’età, sembrano disinteressati ai partiti, più pompieri che incendiari, anche se Lorenzo il “politico” assicura che oggi «portare la cravatta come faccio io e leggere il Sole240re può essere considerato un segno di ribellione». Nel collegio fioccano i 30 ma anche le storie d’amore. Ragazzi “normali”, però non sembrano rappresentativi di quello che c’è all’esterno. Per capirlo basta pensare ai risultati del sondaggio politico interno fatto alla vigilia delle ultime elezioni, quelle del 2018. Al Lamaro Pozzetti stravinse + Europa con il 38 per cento dei voti. Fuori, le liste di Emma Bonino non hanno superato lo sbarramento del 3 per cento.